In Puglia e Basilicata
Musica
01 Maggio 2022
Livio Costarella
Se c’è uno stile musicale che riesce a trasmettere suggestioni ed accostamenti poetici speciali, la musica russa della seconda metà dell’800 ha un potere evocativo straordinario. Con buona pace di chi vorrebbe metterla a tacere, a causa dei tragici fatti odierni. Per fortuna l’arte risulta più forte di ogni cosa, ed anzi, ha il compito di procurare bellezza anche nei tempi più avversi. Ecco è parsa opportunamente attuale e controcorrente, la scelta di Benedetto Lupo, fuoriclasse pugliese del pianoforte, che venerdì scorso ha inaugurato da par suo la quindicesima stagione musicale dell’associazione «Giovanni Colafemmina» (con la direzione artistica di Maurizio Matarrese), e un impaginato tutto russo, tra Pëtr Il’ič Ciajkovskij (Le Stagioni op. 37 bis) e Alexandr Skrjabin (24 Preludi op. 11).L’appuntamento, introdotto da Marilena Colafemmina ha ulteriormente impreziosito il nuovissimo Teatro Sebastiano Arturo Luciani di Acquaviva delle Fonti, città che ha così reso omaggio al suo celebre concittadino (Lupo vive lì da qualche decennio): lo ha ricordato alla fine anche Caterina Grilli, l’assessore alla Cultura dell’amministrazione comunale della città, nel tributo reso sul palco al pianista.
Il concerto è stato preceduto dall’illuminante guida all’ascolto della musicologa Stefania Gianfrancesco, che ha illustrato in maniera dettagliata le sottili ed artistiche evoluzioni celate dietro queste pagine. Composte tra il 1875 e il 1876, le Stagioni di Ciajkovskij sono dodici brevi pezzi per pianoforte, in cui ogni brano è dedicato a un mese dell’anno, introdotto da un sottotitolo e da un verso poetico. Lupo le ha affrontate con la consueta vena poetica, l’attenzione al timbro e al fraseggio che ne hanno fatto uno dei più grandi pianisti contemporanei, attivo sulla scena internazionale da più di trent’anni. Dal tepore del caminetto del mese di gennaio, al Natale decembrino (con uno dei valzer più belli scritti da Ciajkovskij), Lupo ha affrontato la suite come un percorso narrativo di senso compiuto: riprendendo spesso il discorso da dove l’aveva lasciato, o legando tra loro i brani con la stessa sonorità che accomunava la fine di uno e l’inizio del successivo. Oltre a un’orchestrazione, al pianoforte, ricercatissima.
Lo stesso può dirsi per i 24 Preludi che un giovanissimo Skrjabin ha composto dai 16 ai 24 anni d’età, svelando già un enorme talento. Aforismi visionari e brani più articolati, stile drammatico e perle di una lucentezza sublime: tutti i Preludi op. 11 hanno assunto nel tocco vellutato e da fuoriclasse di Lupo una luce sempre nuova, con l’esaltazione dei numerosi contrasti dinamici e di un timbro sempre smaltato.
L’apoteosi che la città di Acquaviva gli ha tributato è doverosa e meritatissima. Prontamente omaggiata da altri due Preludi per bis: un altro di Skrjabin, e uno di Nino Rota, direttore al Conservatorio di Bari negli anni in cui Lupo ha mosso i primi passi.
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