Martedì 30 Dicembre 2025 | 17:26

Amoruso non fa sconti al Bari «Rinforzi veri, sennò son guai»

Amoruso non fa sconti al Bari «Rinforzi veri, sennò son guai»

 
PIERPAOLO PATERNO

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PIERPAOLO PATERNO

Amoruso non fa sconti al Bari «Rinforzi veri, sennò son guai»

«Un capitano che si tira fuori... un pessimo segnale. La maglia va onorata sempre»

Martedì 30 Dicembre 2025, 15:08

Bari-Avellino non è stata una semplice partita di campionato. È stata una lente d’ingrandimento impietosa su tutto ciò che il Bari è oggi: fragile, incompiuto, confuso. Novanta e passa minuti che hanno tolto ogni alibi e acceso un faro abbagliante su una stagione scivolata via tra promesse disattese, numeri impresentabili e una sensazione crescente di smarrimento. Il campo, come spesso accade, ha parlato con chiarezza brutale: l’Avellino ha saputo cosa fare, il Bari no. E quando la posta emotiva si alza, quando la gara diventa un esame di maturità, i biancorossi continuano a presentarsi impreparati.

Seppure a scartamento ridotto, ancora una volta il San Nicola ha fatto la sua parte. Ha spinto, ha sperato, ha provato a trascinare una squadra che però sembra incapace di accendersi davvero, di trasformare la pressione in energia positiva. Il problema non è solo il risultato, ma il come. Una squadra corta di idee, lenta nelle letture, vulnerabile dietro e spuntata davanti. Un Bari che non trasmette sicurezza, che non dà la sensazione di poter girare la partita nei momenti chiave, che subisce gli eventi invece di governarli.

Dentro questa cornice, Bari-Avellino diventa uno spartiacque ideale per interrogarsi su responsabilità, limiti tecnici e prospettive. Per capire chi può ancora essere parte della soluzione e chi, invece, rappresenta un problema irrisolto. Perché il tempo delle analisi morbide è finito. La classifica pesa, il calendario non aspetta e il rischio di una stagione di pura sopravvivenza è tutt’altro che teorico. È il momento di chiamare le cose con il loro nome, senza sconti e senza retorica. E per farlo, serve uno sguardo esperto, diretto, senza compromessi. Come quello di Lorenzo Amoruso, lo scorso sabato sera a Bari per festeggiare il Natale a casa.

Amoruso, Bari-Avellino doveva essere una partita-chiave per i biancorossi. Che tipo di risposta ha dato davvero il Bari sul piano del carattere e della personalità?

«Non ha dato risposte, confermando quanto visto da agosto in poi. Un Bari che non convince e non riesce a tirarsi fuori dai guai. La stagione è questa. Ormai dopo diciotto partite, la classifica non mente. Il rendimento è chiaro. Auguriamoci di salvarci».

Al di là del pareggio, che giudizio dà alla prestazione complessiva del Bari. C’è stato qualcosa che l’ha convinta?

«Nel primo tempo si è partiti bene, ma nella gestione ci si è persi dando coraggio all’Avellino. Ad un certo punto, subentra la paura e tornano i fantasmi delle partite precedenti. All’avversario basta avere solo un pizzico di coraggio per provare a vincere. Non ho visto grandi differenze tra la partita di sabato e quelle già giocate dal Bari nelle settimane scorse».

La difesa continua a concedere troppo. È un problema di singoli o di organizzazione generale?

«Per la difesa è stata una delle prove peggiori sin qui disputate. Ho visto davvero tanti errori. Alla fine, il pareggio è andato anche bene».

In attacco si fatica a segnare e a creare occasioni. Manca qualità, fiducia o un’idea chiara di gioco?

«Si arriva negli ultimi metri e manca chi finalizza. I cross arrivano quasi tutti sbagliati. C’è tanto da lavorare».

È una questione di mentalità o di abitudine a giocare partite sporche?

«Non avendo giocatori che in passato hanno recitato ruoli importanti in squadre di alta classifica, sarebbe da presuntuosi pensare che si possa pensare di essere così forti da fare il lavoro sporco. Se così fosse, rischi di precipitare. A parte la gara contro il Cesena, non ho mai visto una consistenza vera di squadra, ma pezzi scollegati tra loro. Per salvarti, non puoi essere superficiale su nessuna palla. Altrimenti ti ritrovi in un vortice pericoloso dal quale non ne esci».

Guardando la gara, quanti giocatori del Bari hanno dimostrato di meritare davvero questa maglia in un momento così delicato?

«I tifosi sono arrabbiati perché i giocatori non onorano la maglia. Quando viene meno anche il capitano Vicari, capisci che non c’è un bell’ambiente. Il fatto che si chieda di andare via, ti fa comprendere che lo spogliatoio è tossico. Se non ci vuoi stare, vuol dire che l’ambiente non è sano».

Vivarini non ha mai vinto. Non è riuscito a cambiare il passo. Quanto pesa la responsabilità dell’allenatore e quanto quella di un gruppo costruito male?

«Puoi cambiare tutti gli allenatori che vuoi, ma il risultato non cambia perché il materiale umano è quello. È complicato aspettarsi calcio con risorse limitate. Senza opzioni, nessuno diventa bravo. Il tecnico può apportare dei correttivi, ma le migliorie saranno sempre ristrette».

Il «San Nicola» continua a raffreddarsi. La squadra non risponde. Quanto incide sentire lo stadio spegnersi senza riuscire a trascinarlo?

«Comprendo i tifosi che si lamentano. In rosa ci sono giocatori mediocri. Massimo rispetto per la loro carriera, ma non mi sembra ce ne siano di vincenti. Il problema è anche di chi li ha messi insieme. Approfitto, per condannare il messaggio di morte rivolto sui social a Castrovilli. Massima solidarietà al giocatore ed alla famiglia».

Gennaio è alle porte. Dopo Bari-Avellino, in quali ruoli è urgente intervenire per evitare una stagione di sofferenza?

«Spero che la società voglia cambiare. Per salvarti tranquillamente, servono almeno tre elementi. Di sicuro, un difensore e un attaccante. Ed un esterno di centrocampo che sappia andare nell’uno contro uno. Se Vivarini ha chiesto tanti rinforzi, vuol dire che è già consapevole che in uscita ci sono almeno quattro, cinque profili. Cambiare tantissimo significa che lo spogliatoio è compromesso. Stravolgerlo significherà creare un contesto di lavoro diverso. Forse, l’unica chance per salvarsi».

Guardando la classifica e l’andamento, il Bari deve iniziare a pensare seriamente alla salvezza o c’è ancora margine per cambiare rotta?

«Alla base, non c’è stata la voglia di costruire una squadra forte. Se adesso la società ha voglia di salvare la categoria, qualcosa deve per forza inventarla».

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