Sarebbe ancora a Bari il generale Jango, uno dei più noti e feroci boss della mafia georgiana. Ma come tutti i ganabi (i ladri in legge, le figure apicali della criminalità venuta da Tblisi), Merab Dzhngveladze detto Jango sarebbe completamente inabissato. La stessa mafia georgiana, a Bari, da tempo ha abbassato la voce. Dopo il caos del 2012 (la guerra tra i clan Tblisi e Rustavi culminata nel sangue) e le sentenze di condanna del 2017, il silenzio è calato su tutti gli affari illegali dei georgiani, furti in appartamento, riciclaggio di denaro e il traffico di armi e di uranio.
La comunità georgiana è la più numerosa tra gli stranieri di Bari sono oltre 2500 in città (5.464 in tutta la provincia). il doppio dei bengalesi, la seconda comunità stranieri per numero di residenti (quelli ufficiali, ovviamente). Tra le migliaia di georgiani che vivono a Bari, ci sono anche tante brave persone, che fanno capo al Consolato di via Vito Nicola De Nicolò, nel quartiere Umbertino e che frequentano regolarmente la cripta della Basilica di San Nicola e la stessa Chiesa Russa di Carrassi. Nelle pieghe di questa folta comunità, s’annida una delle mafie transnazionali più ramificate e pericolose. Ma perché proprio Bari? Perché i clan georgiani hanno stabilito qui il quartier generale? «Bari riveste un ruolo peculiare per la comunità georgiana e, di riflesso, anche per la criminalità organizzata di quella matrice», spiega il senatore Filippo Melchiorre (Fratelli d’Italia), componente della Commissione parlamentare antimafia. «Da un lato, vi è la consolidata devozione per San Nicola, figura di grande rilievo nel mondo ortodosso; dall’altro, la città rappresenta uno snodo logistico strategico nei collegamenti verso la Grecia e la Turchia, lungo una direttrice fondamentale verso l’area caucasica», aggiunge il senatore che ha deciso di portare la questione all’attenzione della Commissione parlamentare antimafia per un approfondimento del fenomeno che al momento appare assolutamente sottostimato...















