Lunedì 06 Ottobre 2025 | 15:27

A mister Caserta fiducia a metà: il Bari cerca la svolta

 
ANTONELLO RAIMONDO

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ANTONELLO RAIMONDO

A mister Caserta fiducia a metà: il Bari cerca la svolta

Il tecnico resta sotto osservazione, la squadra deve fare di più

Lunedì 06 Ottobre 2025, 13:02

Fabio Caserta, salvo clamorosi colpi di scena, siederà sulla panchina del Bari anche a Reggio Emilia, tra poco meno di due settimane. Restano le perplessità del club sulla sua gestione, le stesse che alla vigilia della sfida contro il Padova lasciavano intendere come il suo esonero fosse possibile anche in caso di vittoria. Ma si è deciso di andare avanti così, magari nella speranza che un risultato positivo, la prima vittoria in campionato, possa dare la scossa in una squadra finora impresentabile. Pochissimi lampi, tanta mediocrità.

Parlare del Bari sta diventando abbastanza ripetitivo. E non perché manchino argomenti di discussione. Di cose da dire ce ne sono e anche tante. Il problema, semmai, è che sono sempre le stesse. La vittoria di sabato, sia chiaro una volta per tutte, non ha scacciato nemmeno una delle nubi che aleggiano da qualche settimana dalle parti del “San Nicola”. Fino all'episodio chiave (rigore ed espulsione di un calciatore del Padova) era stato il solito pianto. Finanche peggio della pur disastrosa esibizione a Chiavari contro l’Entella. Un primo tempo timido, senza cambi di passo e con quella sensazione di fragilità che, ormai, qualsiasi tifoso del Bari sente addosso quando guarda le partite. Le scelte di Caserta, ovvero squadra assolutamente votata all’attacco guardando alle caratteristiche degli interpreti, non hanno portato risultati tangibili, anzi. Scarsissima la produzione offensiva e un andamento lento... che più lento non si può. Ma non è tutto. La fase di non possesso resta il dettaglio più inquietante. Mancano distanze tra i reparti, c’è pochissimo “filtro” e tanti interpreti incapaci di reggere l’urto sul piano tattico, alla voce “letture”. Sta di fatto che anche il Padova ha fatto un figurone sul piano del palleggio. Addirittura debordante nella seconda parte di gara, fino all’espulsione evidentemente. Le linee di passaggio, vere e proprie autostrade. Inconcepibile, davvero!

Caserta è convinto che le caratteristiche del gruppo impongano una filosofia di calcio propositivo. L’unica strada, insomma, sarebbe quella di provare a giocare con coraggio, evitando quella pericolosa abitudine di “abbassarsi”. Sul piano squisitamente teorico la posizione dell'allenatore calabrese sarebbe anche condivisibile visto che la rosa del Bari è stata costruita con il chiaro intento di alzare la cifra tecnica. La domanda, però, sorge spontanea: i calciatori hanno nelle corde questo tipo di atteggiamento? Interrogativo da un milione di dollari. Nessuno meglio di Caserta può saperlo, su questo non possono esserci dubbi. Come non c'è dubbio sul fatto che si parli di un bravo allenatore e di una persona con grande spessore umano. Agli osservatori restano le partite per provare a farsi un’idea. E guardandole i dubbi, enormi, restano lì. A squarciare concetti come speranza e ambizione.

Allargare l’orizzonte spingendosi fino al piano della personalità non fa altro che complicare ulteriormente il processo di valutazione. Fin qui, il verdetto sembra abbastanza impietoso. Quali sarebbero i leader emotivi a cui affidare il progetto di ripartenza? Castrovilli lo è, almeno quello tecnico. E lo si vede dall’”arroganza” con la quale pretende il pallone e lo gioca. E poi? In difesa c’è il deserto, troppo poco l’esperienza di Dickmann. Verreth, Braunoder, Antonucci, Partipilo, Pagano, Darboe. Sarebbero loro, sulla carta, i calciatori a cui chiedere qualcosa in più, anche in virtù del loro ruolo. Ma siamo lontanissimi dalla figura di un calciatore “guida”. Uno che emerga nelle difficoltà e che rappresenti un riferimento. Anche contro il Padova, nel momento più delicato della partita (lo svantaggio), il Bari si è dissolto come neve al sole. Impalpabile, stordito, vuoto. Incapace finanche di organizzare una reazione. Nemmeno una di “pancia”. Zero assoluto.

Ma quante sono le responsabilità dell’allenatore in questa crisi d’identità? Caserta è il “boss, normale che si parli di lui e che a lui si chiedano risposte. Ma la storia insegna che, di fronte ad affanni così conclamati, i discorsi da fare siano molto più ampi. Anche il tecnico più scarso non è in grado di produrre vuoti così marcati. Si è sbagliato qualcosa nella costruzione del gruppo, per esempio? A oggi sembrerebbe di sì. Perché un conto è dire che la squadra ha valori tecnici, tutt’altra cosa sostenere che sia competitiva nell’ambizione. Ci vuole assortimento per pensare in grande. Il famoso gioco delle caratteristiche. Non servono solo calciatori che danno il meglio con il pallone tra i piedi. Ma gente che corra e “morda” l'avversario. Gente di gamba e fisicità, che capisca la partita e la interpreti con grande senso tattico. Quando capita che ti palleggiano in faccia non è solo questione di impostazione tattica e di scelte dell’allenatore. Ma di spessore dei singoli. Sono trascorse appena sette giornate. Ecco, l’unico e vero motivo di speranza. C’è tempo per sistemare le cose. E, magari, per dimostrare che Caserta non è diventato un “pirla”. Di botto, per giunta.

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