Dalle piscine comunali di Bari (a due passi dallo stadio della Vittoria, annotate il particolare, tornerà utile) a Dubino, a volte il passo può essere breve. «Lavoravo allo stadio del nuoto, un mio collega partiva per l’Irlanda per un corso d’inglese. Sono andato anche io, ho frequentato il corso, solo che lui è tornato a Bari, io, invece, sono ancora qui. Barese in Irlanda, quasi per caso».
In valigia tanti sogni e progetti, ma anche l’amore sconfinato (e contagioso) per la Bari. Al punto che Marco Schirone, 42 anni, del quartiere Japigia, ha fondato nel 2015 il Bari Club Dublino biancorossa. Tanto per essere chiari. «Il club, che aderisce alla “Bari Siamo Noi”, si chiama ancora così anche se da qualche anno ormai vivo in campagna a 70 chilometri dalla capitale irlandese, ma quando possiamo, quando soprattutto il tempo e i diritti televisivi lo consentono (con il Bari in B è più difficile intercettare le partite), noi baresi d’Irlanda ci vediamo in un pub (e dove altrimenti in Irlanda... ndr) per tifare la nostra squadra del cuore. Per me e gli altri soci, in quei 90’ è come sentirsi a casa. Siamo una decina scarsa, meno di una squadra di calcio… Da queste parti, c’è chi arriva e chi riparte, il numero dei soci effettivi è variabile ma anche chi lascia l’Irlanda, come un il amico Nino di Terlizzi da poco trasferito a Sydney, continua ad essere iscritto al club».
La passione per il Bari nasce da lontano e per Schirone ha un valore doppio, praticamente come una vittoria in trasferta, considerando che la sua famiglia è per metà torinese «sponda juventina», precisa. In anni in cui i bianconeri vincevano tutto, davvero difficile potere dire «No, grazie. Ho scelto il Bari e non la Juve». «La prima partita che ho visto dal vivo è stata un Bari-Sampdoria giocata al Della Vittoria. Era il 1988, rimasi folgorato dalla curva nord, dalle bandiere, dai cori, dalla passione, dal tifo incredibile. In quel preciso istante dissi a me stesso: “Quei colori saranno anche i miei per sempre”».
Schirone, quando l’astinenza da stadio proprio diventava insopportabile, ha iniziato a guardare le partite del San Patrick Athletic, “serie A” del campionato semiprofessionistico irlandese. Una scelta non casuale. «Biancorossi anche loro… e giocavano vicino casa: mi presentavo allo stadio con la sciarpa del Bari, così ero certo di non sbagliare colori… Ero entrato a far parte di un gruppo di tifosi irlandesi, per loro era bellissimo vedere uno straniero sostenere la loro squadra del cuore». Risultato: «Io mi sono appassionato al San Patrick e loro si sono appassionati al Bari». Più gemellaggio di così…
«Quando vivevo a Bari andavo sempre allo stadio, sono stato molto attivo anche in trasferta con il gruppo organizzato di Japigia “080”», aggiunge Schirone. E quando gli chiediamo qual è il giocatore cui è più legato, la mentalità ultras riaffiora: «Nessuno, perché i calciatori passano e la maglia resta, l’unica cosa che conta». Ma volendo fare una eccezione? «Non posso non menzionare Ingesson, Protti e Maiellaro e in epoca più recente Cassano», quest’ultimo non solo sul fronte calcistico, ma anche per un episodio molto particolare dal sapore molto personale. «Ero al San Nicola il 18 dicembre 1999 quando segnò sotto la pioggia quel gol meraviglioso all’Inter, una serata speciale anche perché è il compleanno di mio padre ed ero con lui allo stadio, fatto rarissimo vedere una partita insieme a lui dal vivo». L’altra strappo alla regola riguarda una stagione biancorossa cui è particolarmente legato: «Il Bari di Ventura mi ha emozionato davvero tanto e poi, con la squadra in serie A da qui era davvero molto più facile vedere le partite».
E oggi? «Da tifoso mi auguro naturalmente come tutti che il Bari torni presto in serie A, ma con la multiproprietà, che mi vede decisamente contrario, la promozione è più complicata. Di sicuro sono molto contento per l’ingaggio di mister Caserta, un ottimo allenatore che capisce di calcio come si è visto nelle prime due partite di campionato in cui a mio avviso ci sono stati sprazzi di bel gioco e che fanno bel sperare se la squadra sarà ben assemblata».
Marco, che lavora per LinkedIn, vive con la compagna, una ragazza irlandese («l’anno prossimo ci sposiamo!»). La coppia ha una figlia e un figlio nato da una precedente relazione della donna. «Lei sa che se gioca il Bari, possiamo uscire solo dopo la fine della partita…». Ciò che non bisogna mai fare, invece, è chiedergli di scegliere tra Guinness e Peroni, un «derby» delle birre per il quale proprio non se la sente proprio di fare pronostici. «Diciamo Guinness in Irlanda e Peroni a Bari…». Uno a uno e palla al centro…