BARI - Vincere un campionato a Bari deve essere una cosa molto speciale. Ci sarà un motivo se, anche a distanza di tantissimi anni, nel racconto dei protagonisti resiste qualcosa che attiene alle emozioni. Marco Esposito non fa eccezione. Difensore di origini tarantine (nato a Massafra, classe 1980), da anni trapiantato al nord dove oggi svolge la sua attività nel settore giovanile del Monza. Quando la telefonata arriva dalla sua Puglia il tono della voce «tradisce» una felicità particolare. Ed è impossibile nonb cominciare la chiacchierata dal suo vecchio Bari.
Esposito, quei tempi non sono più tornati.
«Ed è un peccato. Perché una tifoseria come quella barese meriterebbe soddisfazioni di quel tipo».
Le capita di ripensare a quelle giornate?
«Impossibile dimenticare. Quella cavalcata ha ormai un posto nella storia del calcio».
Antonio Conte in panchina...
«Si capiva che aveva qualcosa in più. Riuscì a creare una macchina perfetta. Non fu un campionato vinto, lo prendemmo a pallonate. Fino a quella fantastica notte con centomila tifosi in piazza a festeggiare la serie A».
Oggi, qui a Bari, si vive in una sorta di limbo. La multiproprietà sta allontanando la tifoseria dalla squadra.
«No, questo non devo accadere. Capisco la gente di Bari, non si accettano certe cose perché si ha la consapevolezza di essere una piazza importante. Però i tifosi possono essere un’arma in più e aiutare la squadra a scalare la classifica. Mi auguro che i risultati possano allentare le tensioni».
Quali sono gli obiettivi reali della squadra biancorossa?
«Ho visto qualche partita del Bari in tv e ho sempre visto una squadra molto organizzata. Nonostante un budget non pesantissimo... credo sia stata allestita una rosa competitiva. Sicuramente in grado di guadagnare un posto ai playoff».
Magalini e Di Cesare hanno fatto un buon lavoro anche a gennaio. Maggiore, Bonfanti e Pereiro sono elementi in grado di alzare il livello qualitativo del gruppo.
«Molto convincente. Tenendo conto che fare mercato a gennaio è complicatissimo. Chi ha i buoni calciatori difficilmente li cede. E chi lo fa pretende cifre notevoli. Serve farsi venire le idee giuste. Magalini è un dirigente molto preparato, conosce migliaia di calciatori. E Di Cesare ha l’esperienza da calciatore da poter sfruttare. Bonfanti è un ragazzo interessante, si è già presentato con il piglio giusto. Pereiro ha già dimostrato in B di poter incidere, ricordo ancora il suo rendimento a Terni. E poi Maggiore, ha fatto bene in serie A, deve solo ritrovarsi sul piano psicologico dopo la retrocessione a Salerno».
Ora la palla passa a Longo. Toccherà a lui valorizzarli al meglio.
«Longo è bravo, si vede la sua mano. A Bari si ha il dovere di puntare in alto. Con questi tre rinforzi si può decisamente puntare ai playoff. E non necessariamente alle ultime posizioni. Lo Spezia ha una marcia in più, ma le altre....».
Dimentica la Cremonese e il Palermo.
«No, non le ho dimenticate. La Cremonese è davanti ma non si può dire abbia un passo da grande. Idem il Palermo, che anzi ha problematiche superiori nonostante gli arrivi di Audero e Poyanpalo. Il Bari può e deve approfittare delle difficoltà altrui. Rispetto alle altre non ha nulla da invidiare. E parlo di Cesena, Catanzaro, Juve Stabia e Modena».
Domenica c’è un importante scontro diretto a Castellammare.
«La Juve Stabia mi piace. Da quelle parti hanno fatto un bellissimo lavoro. E bravo anche Pagliuca (squalificato per tre giornate, ndr), un allenatore che ha dato alla squadra una chiarissima identità tattica. Giocano davvero bene e c’è grande entusiasmo».
C’è qualcosa che non le torna della stagione biancorossa?
«Mi è spiaciuto molto per Sibilli, un calciatore che apprezzo tantissimo. Ci sono dinamiche strane, a volte. E poi ricordo a me stesso e agli altri che giocare a Bari è molto complicato. Non è per tutti».