C'è qualche certezza, ma ci sono ancora molti dubbi. E saranno le indagini a dover chiarire la dinamica dei fatti che hanno portato ieri 12 giugno alla morte di un brigadiere capo del Radiomobile di Francavilla Fontana. Non è chiaro (nelle prime ore era circolata questa versione, successivamente ne è circolata un'altra) se ci sia stata una telefonata al 112 per segnalare la presenza di persone sospette nei pressi di una stazione di servizio. Il dubbio, quindi, poteva essere che qualcuno stesse organizzando una rapina in qualche azienda della zona industriale. Conviene comunque partire da qui, dal servizio di pattuglia in cui i militari erano impegnati dalle prime ore del mattino.
E’ l’antefatto dei tragici attimi in cui ha trovato la morte Carlo Legrottaglie, 60 anni da compiere il 5 luglio, brigadiere capo con trent’anni di esperienza per strada, che a pochi giorni dalla pensione non aveva perso la voglia di servire lo Stato. «Carabiniere un giorno, carabiniere per sempre», dicono: e Carletto era proprio il simbolo di quegli uomini che la divisa ce l’hanno cucita addosso. Legrottaglie era il capo della pattuglia che, a bordo di una Tonale di nuova generazione, si era appostata nei pressi di Tenuta Tiberio, zona industriale di Francavilla Fontana. Insieme a lui l’appuntato Costanzo Garibaldi, di Carosino: è dalla sua testimonianza che la Procura di Brindisi dovrà ricostruire la dinamica dell’inseguimento e dell’omicidio. Il fascicolo, per ora, è diviso in due, come le due fasi della giornata. C'è pure la Procura di Taranto, che ipotizza anche il porto abusivo di armi e la resistenza.
Il posto di controllo, dunque. A un certo punto i militari vedono la Lancia Y con a bordo due uomini che, a qualche decina di metri da loro, ha gradualmente rallentato per fare inversione a U. Non c’è bisogno di parlare: i carabinieri risalgono sull’auto di servizio per inseguire il veicolo sospetto che nel frattempo imbocca una bretella secondaria.
L’azione non è durata più di una manciata di minuti. Alla guida della Y, risultata rubata una settimana prima a Locorotondo, c’era Camillo Giannattasio, 57 anni, formalmente incensurato, nei fatti ben noto per essere un fiancheggiatore di personaggi appartenenti alla vecchia malavita della zona: rapinatori, gente pericolosa che per tutta la vita ha maneggiato armi. Proprio come Michele Mastropietro, 59 anni, più volte arrestato per le rapine ai tir e – ieri mattina – pronto come sempre a fare fuoco.
Giannattasio accelera, la Tonale gli sta dietro. Non c’è nemmeno il tempo di usare la radio per avvertire la centrale operativa, o comunque i due militari ancora non percepiscono il pericolo derivante dall’inseguimento. Fatto sta che la Y improvvisamente sbanda, perde il controllo, finisce contro un muretto. E’ un attimo. I due occupanti dell'utilitaria scendono. La Tonale si ferma a distanza di sicurezza, come insegnano i manuali. Il brigadiere Legrottaglie apre lo sportello di destra, non aspetta, si sposta dal punto in cui sarebbe stato protetto. Ed è quando è in campo aperto che cominciano gli spari. Mastropietro usa la pistola mentre Giannattasio non si volta e continua a correre in campagna. I carabinieri rispondono al fuoco, diversi proiettili vanno a segno. Legrottaglie è tramortito, cade.
Garibaldi, che anche lui si era lanciato all’inseguimento, a quel punto fa quello che deve: occuparsi della vita del collega. Si ferma, torna indietro sparando anche lui in direzione dei banditi, chiama i soccorsi. Sono le 7,07. Quando l’ambulanza del 118 di Ostuni arriverà sul posto, però, per Legrottaglie non ci sarà più nulla da fare.
L’allarme lanciato dalla pattuglia fa scattare il dispositivo in allerta massima sotto il coordinamento della prefettura di Brindisi. Vengono coinvolte tutte le forze disponibili in zona, polizia e carabinieri. Intervengono le unità cinofile. Si alzano due elicotteri. Chi conosce l’area ragiona: data la direzione in cui i banditi sono fuggiti, ritenuto probabile che uno dei due sia stato colpito, concludono che non possono essere andati troppo lontano. I Falchi della Mobile di Taranto, che conoscono il territorio, cominciano a battere le campagne di Grottaglie. Ed è lì che li individuano, forse aiutati – questo per ora non si può sapere – da qualche contadino che ha visto presenze sospette.
Giannattasio e Mastropietro erano nascosti in un cespuglio, non lontani da una masseria. E’ qui che vengono sorpresi dai due poliziotti. Giannattasio si arrende subito: era armato, ma la sua 9x21 era rimasta dentro la Lancia Y ed è quella a essergli costata l'arresto. Oggi tramite il suo avvocato Luigi Danucci ha chiesto di essere sottoposto allo stub, per dimostrare di non aver sparato e dunque sperare di evitare l'aggravante dell'omicidio che porta dritta all'ergastolo: domani mattina nel carcere di Taranto comparirà davanti al gip Luigi Maccagnano per la convalida del fermo. Mastropietro invece, piuttosto che farsi prendere, spara gli ultimi colpi nel caricatore della vecchia bifilare che aveva nei pantaloni. I poliziotti rispondono al fuoco. Lo centrano. E anche se non è ancora chiara la causa della morte (la chiarirà l’autopsia: bisogna stabilire se sono stati i proiettili della Polizia e quelli dei carabinieri) l’uomo resta in terra nei campi, a pochi passi dall’arma. I due falchi ammanettano entrambi, anche il morto. Non serviva, ma è un segnale: vuol dire che non c’è scampo per chi uccide un servitore dello Stato. [m.s.]