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Brindisi, estorsioni della Sacra corona «Una cappa di mafiosità sull’omertà degli imprenditori»

 
stefania de cristofaro

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stefania de cristofaro

Brindisi, estorsioni della Sacra corona «Una cappa di mafiosità sull’omertà degli imprenditori»

Per questo il Tribunale di Brindisi ha condannato Campana a 20 anni di reclusione per associazione mafiosa ed estorsioni, e Donatiello, alias Cinquelire, a 24 anni

Mercoledì 22 Gennaio 2025, 13:35

«La cappa di mafiosità determinata dal gruppo riferibile a Francesco Campana è stata ripetutamente ben visibile sia nelle condotte oggetto di contestazione sia nell’atteggiamento di omertà espresso anche in udienza dalle vittime delle estorsioni che hanno negato pure l’evidenza». Per questo il Tribunale di Brindisi ha condannato Campana, 52 anni, a 20 anni di reclusione con l’accusa di associazione mafiosa ed estorsioni, così come Giovanni Donatiello, 64, alias Cinquelire, a 24 anni. Donatiello è stato rimesso in libertà poco prima di Natale.

Le motivazioni sono state depositate nei giorni scorsi, a distanza di tre mesi dalla lettura del dispositivo. Ed è partendo da quelle motivazioni che i difensori Cosimo Lodeserto per Campana e Marcello Falcone e Dario Budano per Donatiello presenteranno il ricorso in Appello.

Il processo, celebrato davanti al collegio presieduto da Valerio Fracassi, scaturisce dall’inchiesta coordinata dalla pm Giovanna Cannalire della Direzione distrettuale antimafia di Lecce chiamata «Old generation», sulla vecchia guardia della Sacra corona unita. Il blitz risale a cinque anni fa. Le ordinanze di custodia cautelare furono eseguite dagli agenti della Squadra mobile di Brindisi.

Nel fascicolo del dibattimento, oltre alle intercettazioni sono stati raccolti alcuni verbali in cui sono state riassunte le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, da Ercole Penna, il primo a rompere con il sodalizio sul fronte della clan dei cosiddetti mesagnesi, ad Andrea Romano, affiliato a Campana e diventato a sua volta capo di un clan con base nel quartiere Sant’Elia di Brindisi.

Campana e Donatiello, per il collegio giudicante, non si sono «mai dissociati dalla Sacra corona unita», sodalizio al quale sarebbero stati «legati da un lungo e duraturo vincolo di appartenenza». E anche se detenuti «in carcere da tempo», avrebbero continuato a mantenere contatti con altri affiliati e tra loro», così «come indicato anche da Sandro Campana», il fratello dell’imputato, morto suicida nella primavera del 2020.

Entrambi - si legge nelle motivazioni- hanno «coltivato la speranza di tornare in libertà per assumere un ruolo ancora più attivo». Tra il 2015 e la prima parte del 2018 hanno ricoperto il ruolo di vertice, dietro le sbarre. La contestazione arriva sino al 2020.

La situazione è cambiata per Donatiello nella seconda metà del 2018, perché ha incassato la scarcerazione dopo aver scontato in cella in maniera ininterrotta 30 anni per l’omicidio di Antonio Antonica, avvenuto nel 1989 a Mesagne.

Campana è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Antonio D’amico, fratello del collaboratore Massimo, avvenuto il 9 settembre 2001, sulla diga di Punta Riso ed è stato sottoposto alle restrizioni del 41 bis.

Donatiello è stato arrestato a gennaio 2022 per tentata estorsione mafiosa per la pretesa di 50mila euro, poi dimezzata, sui guadagni del traffico di droga, nell’inchiesta sui canali di approvvigionamento dall’Olanda e dalla Turchia.

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