BRIDISI - In provincia di Brindisi aumenta il numero delle cosiddette aziende rosa. Il tasso di crescita è del +4,9 per cento (+358 imprese, dal 2015 ad oggi).
Più in generale, dalla lettura dei dati emerge che il trend delle imprese femminili in Puglia è in crescita. Negli ultimi sette anni, ne risultano 1.749 in più: si è passati dalle 77.330 imprese attive alle 79.079 al 30 settembre di quest’anno. L’andamento, pari al +2,3 per cento, è migliore rispetto a quello nazionale, fermo al +1,7 per cento.
Le differenze all’interno della stessa regione sono importanti: nei sette anni presi in esame, Foggia – seconda provincia dopo Bari per numero totale di imprese femminili attive – è l’unico territorio nel quale si è registrata una lieve flessione, pari a -0,8 punti percentuali (139 le imprese cessate). Per Bari si documenta un tasso di crescita dell’1 per cento, dunque inferiore alla media nazionale e regionale (+290 imprese). Si fa presente che le Camere di commercio di Bari e Foggia hanno competenza anche sui comuni della Bat, non essendoci qui una corrispondente Camera di commercio.
In Puglia, nel 2020, il tasso di occupazione femminile ha segnato -29,3 punti percentuali rispetto a quello maschile, documentando un divario di genere maggiore rispetto a quello riscontrabile nel resto del Mezzogiorno (-26 per cento) e in Italia (-19,9 per cento).
Riguardo al divario degli stipendi tra uomini e donne, che si riflette anche sugli aspetti previdenziali, le donne lavoratrici sono in numero maggiore nella fascia sotto i 15mila euro. Sopra questa soglia, invece, aumentano gli uomini e questo è sintomatico della strada ancora lunga da percorrere per una vera emancipazione femminile anche dal punto di vista economico.
Il gender gap resta una problematica strutturale, che si manifesta, come ribadito nel “Bilancio Sociale e di Genere 2020” della Regione Puglia, nel difficile accesso all’occupazione per le donne; nella scarsa “qualità” del lavoro in termini di legalità e stabilità della posizione contrattuale ricoperta; nella diffusione di forme di “segregazione orizzontale”, cioè la presenza di settori e mansioni tipicamente femminili; nella bassa propensione all’imprenditorialità.