«Manifestiamo per rompere il silenzio». Sono in diverse centinaia, con due soli simboli, quello della Palestina e quello della pace: Barletta è scesa in piazza per dire «stop al genocidio in atto a Gaza». Il corteo, con a capo una bandiera della Palestina lunga 50 metri, è partito da piazza Aldo Moro, il cuore della città. Poi, da via Consalvo da Cordova si è sviluppato su corso Vittorio Emanuele II, corso Garibaldi e corso Cavour fino ad arrivare al Castello.
Nei giardini del maniero che sorge a due passi dal mare, è iniziata la seconda parte della manifestazione: contributi di artisti con momenti musicali, letture di poesie e interventi di rappresentanti della comunità palestinese, ma anche di chi dopo aver manifestato ha voluto esprimere il proprio pensiero. Non è mancata, naturalmente, la lettura del documento programmatico che il comitato organizzatore aveva presentato una decina di giorni fa per lanciare la manifestazione. Oltre alla condanna di quanto sta avvenendo a Gaza e ad alcune richieste rivolte al governo italiano, tra le quali quella di riconoscere lo stato di Palestina, ci sono anche delle indicazioni per il comune di Barletta.
I manifestanti hanno chiesto al sindaco Cosimo Cannito, alla giunta, al presidente del consiglio Marcello Lanotte e a tutti i consiglieri comunali di dare effettivo seguito all’ordine del giorno «Richiesta di pace per un immediato cessate il fuoco in Medio Oriente», approvato all’unanimità nello scorso marzo 2024. Partendo da quella delibera, è stato chiesto all’amministrazione comunale di: «mantenere esposta a palazzo di città la bandiera della Palestina fino al termine delle atrocità in atto», «stipulare patti di amicizia e gemellaggi con città palestinesi», «intitolare vie o piazze ai territori palestinesi in memoria della guerra genocida in atto e della resistenza del popolo palestinese», «promuovere raccolte di fondi per aiuti umanitari e per progetti di pace a sostegno del popolo palestinese» e «organizzare iniziative per l’accoglienza, l’affido e l’adozione dei bambini e delle bambine rimasti orfani».
«Questa manifestazione - ha spiegato il referente del comitato promotore, Luigi Gianfrancesco - è nata dal bisogno profondo, quasi fisico, di fare qualcosa e non restare fermi in silenzio di fronte alle immagini del genocidio in atto». Gianfrancesco ha raccontato come la manifestazione non fosse «contro qualcuno», ma «per qualcuno, per chi ha perso fiducia nel fatto che sia ancora possibile costruire una coscienza comune in spazi comuni». Tra i temi che hanno acceso maggiormente la discussione nella fase di organizzazione della manifestazione quello del divieto di portare qualsiasi simbolo che non fosse quello della Palestina e quello della pace.
«Non è stato facile difendere questa idea con forza. Sì - ha rimarcato Gianfrancesco - c’è chi avrebbe voluto portare bandiere, messaggi che rischiavano di escludere, di dividere di spostare il significato su un territorio politico-identitario. Noi, invece, volevamo guardare gli occhi della gente e non le loro divise, volevamo che chiunque potesse dire: anch’io posso stare qui, anch’io appartengo».
Chiariti questi aspetti, Gianfrancesco ha rilanciato l’obiettivo della manifestazione che è quello di «dare voce ad un popolo tra i più oppressi, derubati e violentati di tutto il pianeta, privato del diritto ad una nazione e al futuro. Il silenzio davanti all’orrore che il popolo palestinese continua a subire e che vediamo ogni giorno, sarebbe stata complicità». Infine, la soddisfazione per un evento organizzato con il supporto di tante realtà barlettane e non solo. «Abbiamo lavorato - ha chiosato Gianfrancesco - in condivisione con tutto il territorio con l’obiettivo di unire le nostre voci in un grido collettivo che possa arrivare lì dove quello di un singolo non ha forza di farsi sentire».