ANDRIA - L’8 luglio avrebbe compiuto 108 anni. Dalla guerra, alla dura esperienza nei lager, dall’amore per la famiglia al lavoro, dalla passione per la campagna alla felicità nel raccontare la sua storia. Ore di narrazione, che ripeteva a chiunque gli chiedesse della sua lunga vita. Perché lui era fiero delle sue radici e desideroso di vivere intensamente ogni istante della sua esistenza. Pasquale Gissi, l’andriese più longevo, si è spento l’altra sera, in una calda e afosa giornata di giugno.
Lui che cucinava ancora fino a qualche settimana fa, lui che amava la compagnia, il ballo, i ricordi. Lui che a casa, orgoglioso, mostrava la foto mentre a più di 90 anni potava i suoi ulivi, arrampicandosi in alto. Lui che partecipava fiero a cerimonie cittadine, specialmente a quella del 25 aprile. «Il suo spirito fiero e combattivo rimarrà per sempre in chi lo ha amato, in chi ha avuto il piacere di conoscerlo, in chi vorrà nel tempo farlo rivivere nei racconti dei suoi intensi 108 lunghi anni.
«Ciao Pasquale, grande nonno della città di Andria», queste le parole di commiato scritte dalla sindaca Giovanna Bruno sui propri canali social.
La vita di Pasquale Gissi, improntata al coraggio e alla resilienza, era finita qualche anno fa, anche sulle riviste nazionali. Da piccolino aiutava il papà Francesco portando le pecore al pascolo, mentre la madre Consiglia accudiva gli altri sei fratelli. Riuscì a frequentare ad Andria solo la prima elementare e da 20enne, durante il militare di leva a Guidonia in aviazione, ebbe modo di frequentare la seconda e terza elementare. A maggio del 1940 fu arruolato nel Genio Civile dell’esercito, partecipando alle operazioni della seconda guerra mondiale, lungo la frontiera greco-albanese. L’amore per la sua Rosa era tale e tanto, che riuscì ad ottenere una breve licenza per tornare ad Andria e sposarla il 18 aprile del 1942. Ritornato al fronte, l’8 settembre del 1943 fu fatto prigioniero dai tedeschi, per poi essere deportato in Germania, su uno di quei treni dalla morte. Ammassato ed in condizioni disumane, dopo un mese di viaggio, il 14 ottobre 1943 arrivò nel campo di concentramento di Oranienburg a pochi chilometri da Berlino.
L’incubo durò un anno e mezzo. Lui era sistemato nello stalag 37 Vb, costretto ai lavori forzati nel freddo pungente e sotto la neve. Andava nei boschi per tagliare la legna per oltre 10 ore al giorno di fatica. In diciotto mesi di bastonate e di piccolissime razioni di cibo quotidiano (patata e pane raffermo), Pasquale Gissi riuscì a trovare conforto nella preghiera. Il 10 aprile 1945, i tedeschi cominciarono ad abbandonare il campo, e lui con altri sei italiani si mise in marcia per raggiungere l’Italia a piedi. Aveva le scarpe rotte, ma trovò la forza per affrontare l’ennesima sfida lunga più di 2mila chilometri. Camminò di notte e si nascose di giorno, per non incappare nelle rappresaglie. Durò un altro mese, il viaggio che lo portò ad attraversare montagne, fiumi, laghi e varie città distrutte. Da Bolzano a Trento, da Modena e Firenze dove il 12 maggio 1945 prese un treno che lo portò ad Andria. Tornato nella sua terra, Pasquale riprese a fare l’agricoltore, supportato dalla moglie Rosa, e dai due figli Francesco e Consiglia.