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Trani, esame dei dispositivi sequestrati a medico e infermiera: intascavano soldi per saltare liste d'attesa

 
Redazione online

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Trani, esame dei dispositivi sequestrati a medico e infermiera: intascavano soldi per saltare liste d'attesa

Sarà eseguito sabato un accertamento tecnico. Dall'ordinanza firmata dal gip del Tribunale di Trani Domenico Zeno, emerge una terza persona indagata a piede libero.

Giovedì 18 Gennaio 2024, 18:02

21:45

TRANI - Sarà eseguito sabato prossimo un accertamento tecnico irripetibile per l’estrazione di una copia forense dei contenuti dei dispositivi - cellulari e computer- sequestrati al dirigente medico della unità operativa di Radiologia del Presidio territoriale assistenziale di Trani, Franco Nemore, e all’infermiera Giacomima Abbatista finiti entrambi agli arresti domiciliari ieri, perché accusati, a vario titolo, di concussione, peculato e truffa aggravata ai danni dello Stato. Dalla corposa ordinanza firmata dal gip del Tribunale di Trani Domenico Zeno, emerge che c'è una terza persona indagata a piede libero.

Secondo quanto ricostruito dagli agenti della polizia di Stato coordinati dalla Procura di Trani, medico e infermiera avrebbero fatto leva «sullo stato di soggezione psicologica e di difficoltà emotiva» di persone malate spingendole a pagare somme di denaro per velocizzare l’esecuzione di esami diagnostici eludendo le liste di attesa e «gestendo» così «in modo privatistico, il servizio di pubblica utilità della Asl Bat».

Le intercettazioni ambientali hanno rivelato che i due avrebbero intascato dai 100 ai 150 euro per consentire ai pazienti di sottoporsi in modo immediato a Tac, esami radiologici o risonanza magnetica, che altrimenti sarebbero stati eseguiti dopo mesi. Le indagini riguardano il periodo di tempo compreso tra febbraio e marzo dello scorso anno e sono iniziate dopo alcune segnalazioni su presunte irregolarità che avvenivano nell’ufficio del medico. Il dirigente medico avrebbe anche falsamente attestato la sua presenza in ospedale con la complicità dell’infermiera e avrebbe anche provato a «inquinare il quadro probatorio» chiedendo ad alcuni pazienti di liberarsi della documentazione ottenuta con l’esame nel momento in cui avrebbe intuito di essere sotto indagine.

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