TRANI - Talvolta gli incidenti avvengono in date che sembrano scritte dal destino, quasi come un orologio svizzero che si diverte a scandire beffardamente la storia di una città. Accade sul fabbricato della ex casa di riposo Vittorio Emanuele II, una porzione del cui lastrico solare ha ceduto nelle ultime ore, lasciando aperto un foro molto grande visibile dai balconi delle abitazioni circostanti.
Il crollo parziale del solaio ha immediatamente innescato l’allarme del Comitato in difesa della casa di riposo il cui presidente, Maria Grazia Lestingi, non solo ha segnalato l’accaduto, ma ha considerato che si rende urgente «un intervento per la salvaguardia soprattutto degli ignari passanti».
Il riferimento a chi transita per strada è corretto nella misura in cui, effettivamente, nello stabile compreso fra via Cappuccini, via Giachetti e via delle Tufare, lungo cui si affaccia l’odierno cedimento, da nove anni non c’è più alcuno: dunque, nessun pericolo dentro ma fuori il rischio c’è.
LA TRISTE RICORRENZA - E qui giunge proprio la singolare ricorrenza di un poco memorabile calendario storico: infatti, il 18 dicembre 2014 la casa di riposo Vittorio Emanuele II chiuse per sempre con il trasferimento dei suoi ultimi dodici ospiti a Casa Alberta, a Corato. Lo sgombero dello stabile si rese necessario e urgente a seguito di accertati problemi di staticità che avrebbero compromesso l’incolumità degli anziani e dei dipendenti dell’ente, questi ultimi successivamente ricollocati come operatori socio sanitari in strutture della Asl.
Quello che invece non è stato possibile sistemare in alcun modo è stato l’immobile, che da allora versa in uno stato di crescente degrado ed è stato anche oggetto di occupazioni abusive, durate per fortuna poco tempo proprio perché gli inquilini provvisori furono fortemente sollecitati a lasciare quei locali, a causa del pericolo di crollo che pendeva sulle loro teste come una spada di Damocle.
IL PARADOSSO DELL’ORTO - Parallelamente, però, l’attuale commissario della Azienda servizi alla persona Vittorio Emanuele II, Daniele Santoro, si è adoperato di concerto con la confinante parrocchia di Santa Maria delle Grazie per il ripristino totale del grande terreno adiacente lo stabile. Si tratta di un orto che, così ben curato, non è soltanto un motivo di piacere per la vista ma sarà anche possibile oggetto di visite, ammesso e non concesso che queste siano autorizzate a causa dello stato di degrado del fabbricato confinante.
A questo punto, cosa sarà possibile fare dello stabile che ospitava la vecchia casa di riposo? La risposta è nei documenti del Comune di Trani, proprietario del bene, ma anche nel protocollo d’intesa che Palazzo di città siglò, ad agosto 2016, con Regione Puglia e Asl Bt per un eventuale utilizzo della struttura, da parte dell’azienda sanitaria locale, proprio a fini socio sanitari.
IL CENTRO DIURNO - Non più ospizio, ma centro diurno a carattere polivalente. Il futuro della Vittorio Emanuele II, se lo stabile di via Cappuccini fosse stato oggetto dei necessari lavori di adeguamento, non sarebbe stato più all’insegna della centenaria casa di riposo, ma nel solco di quella “azienda di servizi alla persona” che ne è, ormai da diversi anni, la nuova denominazione. Così, nel 2015, il Comune di Trani aveva presentato un progetto alla Regione, da finanziare con i fondi Fesr, per la realizzazione presso la Vittorio Emanuele II di due centri diurni per anziani ed un centro polivalente per anziani.
IL PROTOCOLLO D’INTESA - Nel 2016 arrivò il già citato patto a tre Regione-Comune-Asl Bt, che parte dalla riconversione dell’ex ospedale di Trani in Presidio territoriale d’assistenza e termina con un capitolo appositamente dedicato alla ex casa di riposo. Ebbene, «in funzione della possibilità di moltiplicare le strutture a disposizione dei cittadini e favorire il decentramento di servizi ed uffici - si legge in quel documento - l’amministrazione comunale si rende disponibile a trasferire all’Asl Bt una porzione dell’immobile, consistente nel terreno retrostante ed in una o più aree dello stabile storico. In considerazione di storia e destinazione dell’immobile, l’amministrazione porrebbe un vincolo a favore della destinazione a servizi socio-sanitari per anziani, ad esempio uno o due centri diurni, come da normativa regionale». Nulla di tutto questo è accaduto.
LA DOPPIA BEFFA - A proposito di date e coincidenze, non va dimenticato il periodo di commissariamento della Vittorio Emanuele II affidato nel 2017 all’architetto Salvatore Zingarelli: «Una città come Trani - dichiarò - non può non avere una struttura pubblica di accoglienza e servizi per anziani». Ma il suo appello non fu mai seriamente raccolto dalla politica, che ha le risorse di cui invece l’Asp è ormai sprovvista.
Peraltro lo stesso Zingarelli, in qualità di progettista e direttore dei lavori, stava curando la ristrutturazione della casa di riposo di Barletta, al termine della quale si sarebbero dovuti rendere disponibili altri 30 posti letto, in aggiunta a quelli già esistenti. In realtà, i lavori si sono conclusi ma la struttura non ha più riaperto.
E così due capoluoghi di provincia su tre non hanno una casa di riposo pubblica, ma ne possiedono una simbolica in cui è ospite unico è la burocrazia. Con tutti i suoi ben noti acciacchi cronici.