Barletta - «Nel cuore, dopo nove anni, sento tanta tristezza ma anche tanta ricchezza». È come sempre diretto e francescano nelle sue parole e nei suoi pensieri padre Francesco Milillo nel congedarsi, solo fisicamente, dalla «sua Barletta».
Domani, domenica 30 agosto alle 19,30, celebrerà la messa di saluto nel Santuario di Santa Maria Immacolata in via Milano.
Dal 2011 è stato il parroco della così detta chiesa dei monaci dove, con una energia ed azione pastorale, ha sputo costruire rapporti umani e cristiani che profumano di allegria e impegno cristiano.
Sempre disponibile e in grado di leggere nel cuore di tutti lascia una comunità parrocchiale alla quale ha offerto la sua semplicità e la sua capacità di individuare il metodo per trovare la soluzione a tutto affidandosi alla volontà del Signore. Nato a Gioia del Colle il 20 luglio del 1966 ha prima conseguito il diploma di ristorazione alberghiera e successivamente una mini laurea all'istituto di scienze del turismo in marketing del turismo e agenzie di viaggi a Firenze, mentre in ambito più strettamente religioso ha un baccellierato canonico in teologia.
Ordinato sacerdote il 2006 a San Michele di Bari ha avuto esperienze di formazione a Giovinazzo come postulandato, noviziato a Morano Calabro e post noviziato e inizio studi a Campobasso.
A Bari, specificatamente a Santa Fara, i suoi studi di teologia. Prima di arrivare a Barletta era stato a Taranto come vice parroco e assistente Ofs Gifra e araldini. Insegnante di religione a scuola, prima di entrare in convento, ha lavorato in agenzia viaggi, alberghi come cameriere e dee jay. Il suo gruppo preferito? I «Negramaro».
Dal primo settembre, chiamato ad un nuovo servizio, sarà cappellano all’ospedale di Scorrano.
«Una bella sfida. Un’esperienza forte ma non mi sento solo. So che la grazia del Signore che non mi ha abbandonato mai non mi abbandonerà. Certo all'inizio non sarà facile», ha premesso con la sua schiettezza.
Del resto a Barletta, quando non celebrava, lo vedevi in giro a piedi o in bicicletta sempre attento a rispondere alle tantissime persone che lo salutavano.
«Questi nove anni mi hanno dato e non e facile lasciate tutto i legami e gli affetti – ha raccontato con la serenità di sempre – Ma lasciare un posto fa parte della nostra vita. Siamo chiamati ad essere pellegrini e metterci in cammino a ricominciare nuove sfide e nuove avventure Come il signore vuole. A tutti coloro che mi chiedono se mi dispiace e se volevo rimanere e rispondo che certamente mi dispiace e volevo rimanere ma siamo chiamati ad obbedire io lo faccio con spirito francescano».
Padre Francesco, roteando il caleidoscopio della sua vita a Barletta, aggiunge: «Nel cuore sento anche che vi è stata una crescita umana, spirituale e pastorale. La comunità mi ha dato tanto certamente a volte anche con sofferenza. Ho ricevuto tanto bene, tanto affetto ma anche tanta amarezza ma tutto serve al bene e alla crescita. Anche Barletta come città anche mi ha dato tanto. I momenti più belli sono certamente quelli che mi hanno visto accompagnare i bambini nel cammino dei sacramenti e anche i genitori. Accompagnare le giovani coppie al loro matrimonio è stato molto forte. Porto nel mio cuore anche l'asciugare tante lacrime, Confortare e dispensare la misericordia di Dio».
E poi: «Le tante relazioni umane sono state fondamentali con tanta gente incontrata anche per strada, nei bar e in piazza. A questo devo aggiungere una meravigliosa esperienza con l’Unitalsi, con i ragazzi della Casa Famiglia, con i tanti poveri e disabili. In queste esperienza tocchi con mano la presenza di Cristo sofferente».
Padre Francesco, inoltre, ritorna sul suo rapporto con la città che lo ha visto all'opera per nove anni.
«Barletta mi lascia una grande testimonianza di fede, di devozione e di preghiera non solo per Gesù ma sopratutto per Maria. Mi sembra importante rimarcare che vi è un clero che lavora con grande passione e dedizione. Dalla mia comunità ho ricevuto tanta pazienza e comprensione e grande collaborazione in parrocchia da catechisti e collaboratori che mi hanno aiutato nel servizio pastorale e anche aiutato a correggere alcuni sbagli e tratti del mio carattere. Il momento più brutto in realtà non saprei individuarlo tuttavia l'esperienza del Covid e la chiusura è stata molto forte al pari del non poter celebrare l'Eucaristia con il popolo, non incontrare più i giovani, non fare il catechismo e incontrare gli ammalati. Anche il momento in cui mi hanno comunicato il trasferimento è stato molto forte».
Prima di congedare il cronista aggiunge: «Per tutto questo benedico il Signore per il bene ricevuto in primis e poi per quello che per grazia di Dio è stato fatto non da solo ma con tutta la parrocchia. Tra i momenti più belli mi piace annoverare la sensibilità che la parrocchia ha avuto quando ci fu il terremoto ad Amatrice. Ci fu una grande raccolta per portati lì direttamente. Nel mio cuore avranno sempre spazio la dedizione della parrocchia per i poveri con l'organizzazione di pranzi e momenti di preghiera con loro. Tutto quello che ho fatto l'ho fatto per il bene della parrocchia anche con scelte che potevano sembrare sbagliate ma chi lo fa per amore e con amore non sbaglia mai».