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Giustizia svenduta: processo ai magistrati, Nardi ai domiciliari a casa della madre

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

Lecce, processo ai giudici .«Così nacque l’inchiesta»

Con il braccialetto elettronico. Ecco come nacque l'inchiesta

Lunedì 06 Luglio 2020, 12:48

07 Luglio 2020, 08:19

Bari - L’ex gip Michele Nardi e l’ex ispettore Vincenzo Di Chiaro hanno lasciato il carcere di Melfi e sono tornati a casa, ai domiciliari, con il braccialetto elettronico. Oggi dunque potrebbero entrambi essere presenti nell’aula della Seconda sezione penale del Tribunale di Lecce dove riprende il processo ai giudici di Trani per concludere l’esame dei testimoni dell’accusa.
Tocca dunque al principale protagonista dell’indagine, il maresciallo dei carabinieri Saverio Santoniccolo e il perito della Procura, Leo, che ha esaminato le intercettazioni telefoniche, i video e le registrazioni degli incontri tra gli indagati.

Santoniccolo si è occupato della gran parte degli episodi su cui si fondano le accuse agli ex giudici di Trani, quelle basate sui racconti dell’imprenditore Flavio D’Introno che avrebbe pagato per evitare la condanna per usura che sta scontando in carcere.
Già nella scorsa udienza è stato ascoltato il luogotenente dei carabinieri Giovanni Brascia, un altro investigatore che ha lavorato sulla genesi dell’indagine a carico di Nardi: cioè quando nel 2016 la compagna di un pregiudicato del Nord Barese, Marianna Capogna, raccontò dei rapporti corruttivi del pregiudicato, Tommaso Nuzzi con «alcuni esponenti delle forze dell’ordine», e della rapina al cugino di Flavio D’Introno che - sempre secondo la Capogna - sarebbe stato il basista della rapina. Nuzzi, sempre secondo il racconto, avrebbe comprato una Opel Zafira per l’ispettore Di Chiaro

La Procura di Trani attivò quindi le intercettazioni telefoniche. «In molte occasioni Di Chiaro e D’Introno si incontravano in un bar o nella villa di D’Introno», ha raccontato Brascia confermando che il poliziotto «aiutava» l’imprenditore (sul punto Di Chiaro aveva detto che D’Introno era un suo confidente). Dalle indagini è emerso tra l’altro che il poliziotto si sarebbe prestato a notificare un atto predisposto dall’ex pm Antonio Savasta su richiesta di D’Introno, che doveva servire a costringere il commercialista della ditta di famiglia a convocare l’assemblea straordinaria nel tentativo di sottrarne il controllo al padre e alla sorella dell’imprenditore.

Nardi e Di Chiaro rispondono di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari insieme all’avvocato Simona Cuomo e allo stesso D’Introno. L’ex gip e l’ex ispettore erano in carcere da gennaio 2019 ed hanno ottenuto i domiciliari: Nardi è tornato a casa dell’anziana madre.

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