Parte la corsa al cenone della Vigilia, ma con un pizzico di «timidezza». Famiglie numericamente più ridotte, le tradizioni che si modificano sono alcuni dei fattori che riducono le grandi riunioni a tavola di una volta. Così come un’attenzione particolare resta sempre sulle spese: i prezzi dei prodotti tipici salgono, ma la congiuntura economica non induce a «pazzie». E allora ecco che Bari, celebre per i suoi menù natalizi, si approssima alla serata più magica dell’anno nel segno della morigeratezza.
Secondo i dati forniti dal Codacons, i segnali manifestati dai baresi spingono verso una riduzione della richiesta: gli scaffali sono quasi tutti pieni, i consumatori non si affannano nell’acquisto di prodotti natalizi che spesso giacciono sui mensoloni di gran parte dei negozi.
Alla base di un atteggiamento «prudente», pesano i redditi ormai bloccati, a fronte dell’aumento spropositato dei prezzi. Il Codacons calcola che la maratona culinaria della Vigilia arriva mediamente oltre i 500 euro contando una riunione di dieci persone, alle media di poco più di 50 euro a commensale. I cenoni «allargati» di un tempo sono sempre più rari: le riunioni familiari si sono notevolmente ridotte, molti nuclei cenano addirittura in soli quattro componenti.
Per il Natale 2025, i prezzi dei prodotti da ricorrenza contano una sostanziale stabilità rispetto all’anno scorso. Tuttavia, per alcune categorie alimentari, si registrano lievi rialzi del costo al dettaglio che, sedimentandosi sui considerevoli aumenti riscontrati nel biennio trascorso, incidono significativamente sulla spesa natalizia delle famiglie baresi.
Il totale della cena della Vigilia arriva, così, a sfiorare i 550 euro per dieci persone, considerando un menù tipico che comprende antipasti (ostriche, tartufi, gamberi, cozze pelose), latticini, focaccia, panzerottini e affettati, stuzzichini, un primo (in genere spaghetti al sugo di pesce o orecchiette alle cime di rapa), un secondo (capitone arrosto o frittura di pesce misto), frutta e verdura, frutta secca, dolci (panettone, pandoro, cartellate), bevande (vino, spumante, liquori). In media, la spesa si aggira sui 53-54 euro a testa.
Ecco i prodotti che possono far lievitare notevolmente la spesa. Gli amanti del crudo aggiungono spesso in tavola un’offerta completa di noci, tagliatelle (entrambe da 30 euro al chilo), violette (50 euro al kg), canestrelle (16), cozze dattero (8), ostriche (15), vongole (20). Per i panettoni e i pandori industriali, invece, si riscontra, in ambito locale, aumenti dei prezzi in misura del 5% rispetto al Natale del 2024 secondo una forbice che ne attesta il prezzo tra 5,90 e 7 euro, mentre si arriva tra 12,90 e 16,50 euro per quelli di alta gamma e addirittura tra 30 e 70 per quelli artigianali.
Ebbene, aggiungendo tali delicatessen, il cenone per dieci persone supera abbondantemente una media di 600 euro complessivi. Un lusso, tuttavia, che si concedono in pochi. Non a caso, la conferma di questo Natale è l’invasione dei mini-panettoni e dei mini-pandori, ovvero confezioni di 80/100 grammi in monoporzioni, che costano, in media, tra 1,80 e 2,5 euro, così come spopola il formato «bauletto» proposto in vendita da alcuni storici brand o dalle pasticcerie artigianali: prodotti che si aggirano intorno a 8 euro (per un peso di circa 300/400 grammi) dal grande appeal commerciale trattandosi di un’idea regalo, a un costo apparentemente accessibile a tutti.
Disattesa, dunque, l’aspettativa di una discesa dei listini: tuttavia, un abbassamento dei prezzi che fosse determinato da una contrazione della domanda di prodotti alimentari non sarebbe nemmeno augurabile perché sottenderebbe il rischio di stagnazione dei consumi ed una conseguente recessione economica. Dunque, la tendenza preserva il giusto spazio agli sfizi gastronomici, ma senza esagerare.
Ecco una tendenza in forte aumento. Il giorno di Natale sempre più famiglie scelgono il pranzo fuori. Non a caso, gran parte dei ristoranti cittadini segnano il «sold out» per domani. I prezzi variano da un minimo di 50 euro a persona ad un massimo di 90: comprendendo un ricco antipasto, due assaggini di primo, un secondo, frutta e dolci natalizi. «Stiamo notando un’affluenza in ascesa», rileva Nicola Tangari, titolare de «Le Muse e il Mare» in via Nicolai. «Le generazioni sono cambiate: le famiglie vivono a ritmi frenetici e vivere due giorni in cucina diventa stressante. Così, spesso ci si regala almeno un pranzo fuori. Ormai per noi ristoratori è d’obbligo aprire il 25: una volta non era così». «Si è smarrita l’usanza di tramandare certi piatti di madre in figlia», aggiunge Danilo Pastanella, uno dei fratelli proprietari del ristorante «Samuele Pastanella» in via Piccinni. «A Natale si cerca di prendersela un po’ più comoda: chi pranza in centro, poi magari si concede una passeggiata tra le strade addobbate e i mercatini. Sul menu di Natale cerchiamo di coniugare la scelta di chi chiede comunque prodotti tipici e chi magari vuole innovare».
«Da alcuni anni, si riesce a raggiungere il sold out in un giorno particolare come il Natale», conclude Michele Paglionico, titolare dell’Osteria Villari. «La nostra regola, però, è mantenere vivi i sapori della nostra terra, privilegiando la scelta delle materie prime e proponendo piatti che ne esaltino il gusto senza pasticciarlo con azzardi che non condivido. Il Natale, in fondo, deve mantenere i suoi profumi». In fondo, a casa o fuori, l’importante è stare insieme.
















