Venerdì 14 Novembre 2025 | 11:16

Fisioterapista ucciso a Bari, la difesa del killer: «Se l’ambulanza fosse arrivata prima Di Giacomo si sarebbe potuto salvare»

Fisioterapista ucciso a Bari, la difesa del killer: «Se l’ambulanza fosse arrivata prima Di Giacomo si sarebbe potuto salvare»

 
Nicole Cascione

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Nicole Cascione

Fisioterapista ucciso a Bari, la difesa del killer: «Se l’ambulanza fosse arrivata prima Di Giacomo si sarebbe potuto salvare»

Salvatore Vassalli, 59 anni, operaio di Canosa di Puglia, è accusato dell'omicidio di Mauro Di Giacomo: «Sparò per difesa»

Venerdì 14 Novembre 2025, 09:39

«Se l’ambulanza fosse arrivata prima, Mauro Di Giacomo si sarebbe potuto salvare». È la tesi sostenuta dall’avvocato Michele D’Ambra nell’arringa difensiva per Salvatore Vassalli, 59 anni, operaio di Canosa di Puglia, accusato di aver ucciso il fisioterapista barese la sera del 18 dicembre 2023 nel quartiere Poggiofranco. «È stato cucito addosso a Vassalli un abito che non gli si addice», ha detto il legale davanti alla Corte d’Assise di Bari, presieduta da Sergio Di Paola. L’imputato, reo confesso, è accusato di aver sparato sette colpi di pistola al volto e al torace di Di Giacomo, per poi colpirlo ancora con il calcio dell’arma.

Nell’aula, ieri, è stato il turno della difesa: un’udienza interamente dedicata a ricostruire la storia tormentata che per anni ha intrecciato le vite di vittima e imputato. Tutto, secondo il racconto dell’avvocato D’Ambra, comincia nel 2019, quando Ornella Vassalli, figlia dell’imputato, si rivolge a Di Giacomo per un problema di salute. Durante una manovra fisioterapica, la giovane avrebbe accusato dolori acuti che l’avrebbero costretta, il giorno seguente, a recarsi al pronto soccorso del Policlinico di Bari. La famiglia decise poi di trasferirla a San Giovanni Rotondo, dove la giovane venne ricoverata per uno shock midollare.

I Vassalli si rivolsero poco dopo a un legale e avviarono un’azione civile contro Di Giacomo, accusandolo di negligenza professionale. Secondo la difesa, la lunga battaglia giudiziaria avrebbe logorato l’imputato, tuttavia mai animata da desiderio di vendetta. Vassalli, ha ricordato l’avvocato D’Ambra, è «un uomo perbene, un lavoratore, mai un precedente, mai un verbale». Ha cresciuto due figlie: una, Ornella, oggi insegnante di arti figurative, l’altra medico radiologo al Gemelli di Roma. Nel maggio 2022 la consulenza medico-legale, disposta nell’ambito del procedimento civile, avrebbe confermato i sospetti di Vassalli sull’errore terapeutico. Tuttavia, la causa non si risolse come la famiglia sperava. Pochi mesi dopo, l’imputato avrebbe cominciato a cercare un chiarimento diretto con Di Giacomo, frustrato per l’esito della consulenza.

Per l’accusa, i sopralluoghi effettuati il 12 e il 14 febbraio 2023 nella zona dove abitava Di Giacomo dimostrerebbero una premeditazione dell’omicidio. Ma per la difesa «Vassalli voleva soltanto parlare». Il 18 dicembre, sostiene D’Ambra, l’uomo si sarebbe recato sotto casa di Di Giacomo per chiedere spiegazioni e per parlare «da padre a padre». L’incontro, però, degenerò in pochi istanti. Secondo il racconto della difesa, Di Giacomo, di ritorno dalla spesa, avrebbe reagito con rabbia, colpendo l’imputato con le buste in mano. I due avrebbero iniziato a spintonarsi; Vassalli, che all’epoca portava un busto ortopedico per problemi fisici, non sarebbe riuscito a difendersi. A quel punto, avrebbe raggiunto la propria auto per prendere qualcosa con cui proteggersi. «Malauguratamente - ha detto il legale - trovò una pistola». Da lì la tragedia. Le aggravanti contestate - premeditazione, crudeltà, futili motivi e minorata difesa della vittima - potrebbero costare a Vassalli la condanna all’ergastolo.

La difesa, nel contestarle, ha ricordato le testimonianze dei due testimoni oculari: un uomo affacciato al balcone del quinto piano e un altro che si trovava su uno scooter in attesa di un’amica. Entrambi avrebbero riferito di una colluttazione tra i due, elemento che, secondo D’Ambra, troverebbe riscontro nelle tracce di sangue sul volto e sulle mani di Di Giacomo. Anche la perizia medico-legale del professor Francesco Introna è stata messa in discussione: secondo la difesa, infatti, Di Giacomo «morì per arresto cardiaco dovuto all’emorragia interna. Se l’ambulanza fosse arrivata prima, si sarebbe potuto salvare». Vassalli, ha ricordato il legale, «ha chiesto scusa alla famiglia Di Giacomo, si è detto pentito per quello che ha fatto e ha proposto di cedere la casa e l’auto come forma di risarcimento, precisando di non avere altri beni». La difesa ha quindi chiesto alla Corte di escludere le aggravanti, insistendo sul « gesto d’impeto», invocando le attenuanti generiche e «il minimo della pena». La sentenza è attesa per l’8 gennaio.

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