Giovedì 16 Ottobre 2025 | 22:27

Tangorra punta l’indice: «Bari, stai in guardia. In difesa c’è poca qualità»

Tangorra punta l’indice: «Bari, stai in guardia. In difesa c’è poca qualità»

 
pierpaolo paterno

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pierpaolo paterno

Tangorra punta l’indice «Bari, stai in guardia: in difesa c’è poca qualità»

Niente alibi dal doppio ex: «Manca personalità? Se ne parla da anni. Per me conta dove hai giocato...»

Giovedì 16 Ottobre 2025, 14:22

Bari e Reggiana si ritrovano di fronte sabato al «Città del Tricolore» in un momento delicato per entrambe, alla ricerca di certezze e risultati dopo un avvio di stagione al di sotto delle aspettative. A fare da trait d’union tra le due piazze c’è Massimiliano Tangorra, doppio ex dal passato importante in entrambe le società, chiamato a raccontare una sfida che ha il sapore dei ricordi e delle emozioni. Difensore solido e carismatico, Tangorra approdò alla Reggiana nel campionato di serie B 1995/96, collezionando 36 presenze e un gol dopo aver vestito la maglia del Bari e prima di intraprendere una carriera che lo ha poi visto anche in panchina, sempre con la stessa passione per il campo.

Due realtà diverse ma accomunate da una forte identità e da tifoserie calde e competenti, oggi alle prese con percorsi di crescita non privi di ostacoli. Il Bari di Caserta fatica a trovare continuità e un equilibrio tattico stabile, tra moduli che cambiano e un attacco che non riesce a esprimere tutto il suo potenziale. La Reggiana di Dionigi è alla ricerca di una svolta dopo un inizio altalenante, consapevole del valore del gruppo ma ancora alla ricerca di concretezza.

Tangorra prova a leggere le sfumature di una partita che promette intensità e significati particolari, non solo per la classifica ma anche per le storie incrociate che porta con sé. Dalla difficoltà dei biancorossi nel trovare un proprio assetto alla pazienza in una piazza esigente come Bari, fino alla componente emotiva legata ai tanti ex in campo e fuori, il tecnico barese offre uno sguardo lucido e appassionato su una sfida che, per lui, è un piccolo viaggio nel tempo.

Tangorra, da ex di entrambe le squadre, che ricordi la legano a queste due piazze e cosa rappresentano per lei?

«A Reggio Emilia ho vissuto una parentesi importante. Mi ritrovai svincolato dal Bari e il 16 agosto mi arrivò la telefonata del loro ds all’indomani della cessione di Cherubini alla Roma. Sulla panchina granata sedeva Carlo Ancelotti, all’esordio da primo allenatore dopo l’avventura di vice Sacchi con l’Italia. Alla fine del Mondiale, prese la Reggiana in B appena retrocessa e all’ottava giornata si era ultimi a quattro punti col Venezia. Vincemmo lo scontro diretto coi lagunari e infilammo diciotto risultati utili perdendo di rigore solo a Salerno. Alla fine, salimmo in A insieme a Bologna, Verona e Perugia. In quella squadra c’erano Gregucci, Ballotta e De Napoli».

Che partita si aspetta al “Città del Tricolore”?

«Della Reggiana ho visto la vittoria di Coppa sull’Empoli. Come progetto tecnico è più avanti rispetto al Bari, pur avendo valori inferiori».

Da uomo di calcio, dove pensa si annidino le principali difficoltà della squadra di Caserta?

«Seconda la mia sindacabile opinione, dal centrocampo in su il Bari ha tante soluzioni e giocatori di qualità. Superiori alla media delle altre squadre di B. Dietro, invece, a parte l’ottimo Cerofolini - che ha salvato la partita di Chiavari e col Padova con un Bari surclassato per buoni 70 minuti - la squadra non mi convince. Non vedo difensori all’altezza».

Si parla spesso di una squadra ancora senza una personalità definita. È una questione di moduli, di uomini o più di mentalità?

«È un problema che si trascina da diversi anni. Si ripete il ritornello se sulla scelta dei calciatori si valuti il curriculum dal punto di vista dell’esperienza e della personalità. Se un giocatore non ha mai giocato in piazze importanti e calde in passato, credo che a livello caratteriale non sia all’altezza di giocare a Bari. Per farlo, oltre a qualità tecniche e fisiche, servono prerogative caratteriali per gestire la pressione che inevitabilmente questa piazza mette. La domanda andrebbe girata ai direttori sportivi Di Cesare e Magalini».

L’attacco biancorosso segna poco nonostante buone individualità. Come giudica le difficoltà offensive e cosa servirebbe per sbloccarsi?

«Le cause sono due. La prima legata al fatto che Caserta ad un certo punto ha cambiato modulo, sconfessando la sua idea tattica dopo due mesi di lavoro. Questo toglie sicurezze ad una squadra alla ricerca di un marchio. La seconda coincide con la scelta di giocatori senza i novanta minuti nelle gambe. Oggi, per ogni ruolo ci sono almeno due giocatori. Una domanda andrebbe rivolta al preparatore atletico. Altrimenti a chi li ha scelti. Se vogliamo trovare sempre alibi, salviamo tutti e pace. Più che addurre giustificazioni, andrebbero fatte analisi e valutazioni su quello che non gira. Chi trova gli alibi, perde in partenza. Chi si mette in discussione ottiene più risultati».

Intravede segnali di crescita o teme che il campionato possa restare complicato a lungo?

«Auspico un miglioramento. Prima o poi, i giocatori di qualità entreranno in condizione. Per ora, lo fanno solo Castrovilli, Moncini e Cerofolini».

Secondo lei quanto può pesare in una partita del genere la componente emotiva, vista la presenza di tanti ex da una parte e dall’altra?

«Molto poco. I veri ex sono quelli che hanno militato in squadra per sei, sette anni. In questo caso, parliamo di giocatori di passaggio. Forse più per Lorenzo Sibilano, vice di Dionigi».

In momenti così, quanto conta la pazienza del pubblico?

«Nel senso buono, i tifosi dei gruppi organizzati sono ammalati per il Bari. Attaccati alla maglia e a giocatori con senso di appartenenza. Più che di pazienza parlerei di malattia. Non è fortuna di tutti giocare a Bari. I calciatori si sveglino e ne prendano coscienza».

Che prospettive vede per il Bari in questo campionato?

«Migliori, nel momento in cui tutti metteranno in campo il loro valore. Anche perché fare peggio è difficile, per quanto due anni fa sia accaduto».

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