Dalle analisi epidemiologiche sulle morti per amianto a Bari, il 2025 doveva essere l’anno del massimo picco, per poi iniziare a calare parallelamente con gli anni che si sarebbero allungati sempre di più rispetto alla messa in sicurezza e bonifica dell’area ex Fibronit. Che però non significa che il problema si è risolto. Con una latenza delle fibre di amianto nei polmoni che possono «scatenarsi» anche dopo 40 anni dall’esposizione, il mesotelioma pleurico è ancora un’ombra che si allunga per quanti vivono o hanno vissuto nella zona rossa di Bari, quel raggio di un chilometro tutto attorno all’ex fabbrica della morte.
«Questo famigerato picco che si doveva registrare attorno al 2025 era un dato che emergeva da alcune ricerche ed elaborazioni, ma molte altre analisi negli anni a venire hanno spostato sempre più avanti questo momento clou – spiega Lillo Mendola dell’associazione familiari vittime amianto di Bari -. Sinceramente non so se lo abbiamo già raggiunto, o se è ancora a venire. Così come quando si parla dei “colpi di coda”, di persone che ancora oggi si ammalano e muoiono. Per sdrammatizzate quando nel 2005 mia moglie si ammalò e morì di mesotelioma, io le dicevo che lei era un colpo di coda. Ma non c’è molto da ridere, no? Si tratta di vite. Che sia una o 10 non cambia molto per familiari e amici»...
CONTINUA A LEGGERE SULL'EDIZIONE CARTACEA O SULLA NOSTRA DIGITAL EDITION