È passato da poco mezzogiorno. La colonnina di mercurio è andata oltre i trenta gradi. Sulle panchine sistemate sul muro che circonda il giardino «Lubich», il parchetto della Chiesa Russa, sono seduti Antonio e Giovanni. Poco più avanti altre tre panchine occupate da coppie di anziani. Giovanni sta raccontando l’ultima di sua moglie che ha bruciato i peperoni ripieni: «E li ho dovuti anche mangiare. Altrimenti chi la sentiva».
Il tempo scorre così su una panchina nel cuore di Carrassi. «Preferiamo restare qui perché nel giardino c’è puzza di urina e pochi posti all’ombra. Parco due giugno è più pulito ma è lontano da casa e allora trascorro la mattinata su questa panchina». Mostra il braccio: «Faccio la dialisi. Non ho la forza di camminare quando finisco. A casa fa caldo. Qui almeno trovo qualche amico e passo il tempo».
Poco distante c’è un gruppo di una decina di pensionati. «Siamo cresciuti qui, affezionati a questa strada ma ci sono troppi problemi: il pavimento è sconnesso e dai marciapiedi sbucano le radici degli alberi. Per non parlare delle giostrine. Guardi quella fontana». È una di quelle vecchie meglio conosciute come «cape de firr», una delle ultime. Un ragazzo sta riempiendo la sua borraccia. Ma l’acqua scorre anche oltre la bacinella, scende sull’asfalto ma non ha spazio nella grata piena di erbaccia. Così si formano pozzanghere pericolose per i passanti. «Mio nipote lo scorso anno è caduto e si è fatto male».
Il giardino poi un giardino non è. Non c’è un prato ma solo aghi di pino mischiati alla meno peggio con cicche e rifiuti di ogni genere. Ci sono quattro gazebo occupati. «Giochiamo a carte con gli amici e passiamo la mattinata. D’altronde non c’è altro da fare».
I bambini giocano sulle poche giostre «sgarrupate» che ci sono. Accompagnati dal tormentone delle mamme: «Attenzione a non cadere». Le radici degli alberi creano un dislivello che mette in difficoltà gli adulti, figuriamoci i piccoli. E così il giardino dedicato alla mistica italiana passata alla storia per aver fondato un movimento di fratellanza universale, non è per tutti. Difficile immaginare una carrozzina che possa transitare in questi viali o una persona con disabilità motoria. «Questo non è un giardino è un letamaio» si lamenta un passante. Il bagno pubblico, per la verità ben tenuto, chiude intorno alle 13. E così chi proprio non ce la fa a «trattenerla» ha trovato un angolo a cielo aperto dove espletare i propri bisogni. Risultato: puzzo di urina e di feci favorito dal caldo torrenziale di questi giorni.
«Abbiamo chiesto tante volte una panchina proprio qui all’ingresso del giardino. È l’unico posto dove c’è sempre ombra e dove non ci sono cattivi odori. Chissà magari questa volta qualcuno ci ascolterà». L’occhio cade all’interno del giardino su una saracinesca abbassata e un’insegna che a carattere cubitale annuncia: «Centro sociale polivalente per anziani». Da queste parti, anche il gruppo degli affezionati, è pronto a giurare di non averci mai messo piede.