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Omicidio Lopez, alla sbarra i rampolli del clan: il killer e il nipote del boss Palermiti chiedono l'abbreviato

 
isabella maselli

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isabella maselli

Omicidio Lopez, alla sbarra i rampolli del clan: il killer e il nipote del boss Palermiti chiedono l'abbreviato

Al via il processo: sparatoria nata da una faida tra baby boss dei gruppi mafiosi rivali Palermiti e Strisciuglio

Venerdì 18 Luglio 2025, 05:05

Finiscono alla sbarra i protagonisti dell’agguato commesso la notte del 22 settembre 2024 nella discoteca Bahia di Molfetta, quando fu uccisa per errore la 19enne Antonella Lopez. L’assassino reo confesso Michele Lavopa, 21 anni (avv. Francesco Santangelo), ritenuto vicino al clan Strisciuglio del San Paolo; il vero bersaglio dei proiettili, amico della vittima, Eugenio Palermiti, 20 anni (avvocati Nicola Quaranta e Raffaele Quarta), nipote omonimo del boss di Japigia, che quella notte era pure armato; Giuseppe Fresa di 22 anni (avvocato Ornella Calianno), accusato di aver aiutato Lavopa a disfarsi della pistola, hanno chiesto il rito abbreviato. Ieri dinanzi alla gup del Tribunale di Bari Susanna De Felice è iniziata l’udienza preliminare. Dopo la costituzione delle parti (imputati e parti civili, Regione Puglia, Comune di Molfetta e il titolare della discoteca Bahia) tre dei quattro imputati hanno scelto di essere processati con il rito alternativo. La loro posizione si discuterà nell’udienza del prossimo 27 novembre. In quella data sarà anche ratificato il patteggiamento del quarto imputato, il 21enne Mario Ruta, accusato come Fresa di aver nascosto l’arma del delitto. Ruta, assistito dall’avvocato Andrea Casto, con il consenso della Procura ha proposto di patteggiare la pena a 2 anni di reclusione.

L’agguato in discoteca La vittima era insieme ad un gruppo di amici, tra cui anche Palermiti che frequentava da alcuni giorni. Era arrivati nel locale alle 2,36 del mattino. Lavopa si accorse della presenza di Palermiti, con il quale precedentemente aveva avuto degli screzi, e per non essere infastidito – fu poi il suo racconto - decise di spostarsi in un’altra zona della discoteca. Ma la situazione degenerò presto. Secondo la versione dell’indagato, Palermiti ed i suoi amici lo avrebbero offeso e insultato: poi Eugenio – ha detto sempre Lavopa - avrebbe tentato di estrarre un’arma dalla tasca. A quel punto il giovane prese la sua calibro 7.65 esplodendo sette proiettili: colpì cinque persone, una mortalmente.

Quella notte, però, si sarebbe sfiorata la strage, perché quando il 21enne Michele Lavopa (clan Strisciuglio, rivale dei mafiosi di Japigia) fece fuoco alle 2.45 ferendo quattro persone, tra cui lo stesso Eugenio Palermiti jr - vero bersaglio dei proiettili- e uccidendo la 19enne, l’arma che Palermiti indossava gli sarebbe sfuggita di mano, non riuscendo a impugnarla per reagire all’attacco. Le intercettazioni auto video registrate in ospedale nei giorni successivi lo hanno confermato: il rampollo dei Palermiti era armato. Raccontando l’episodio agli amici che andavano a trovarlo, si lasciò scappare di essere in possesso anche di un’altra arma, oltre quella che aveva la sera prima in discoteca.

IL CONTESTO Le indagini dei carabinieri, coordinate dal pm della Dda di Bari Fabio Buquicchio, hanno rivelato che il fenomeno di «duelli» tra giovanissimi rampolli delle famiglie mafiose baresi, appare «sempre più connesso alla affermazione violenta della supremazia tra gruppi rivali che si traduce in spavalde sfide, spesso vere e proprie risse, i cui terreni di scontro» sono discoteche e locali di intrattenimento. «Tale risultato – si legge negli atti dell’inchiesta - non può essere lasciato correre come un semplice “regolamento di conti” o l’effetto dell’impeto di giovani cresciuti troppo presto all’ombra dei clan. Risulta “tristemente noto” che le giovani leve delle organizzazioni criminali non disdegnano ad ostentare il “blasone” della propria “appartenenza” con azioni violente spesso plateali». Ormai da alcuni anni, i rampolli di queste «dinastie» criminali «sarebbero adusi recarsi nei locali notturni portando al seguito armi, con la finalità - all’occorrenza - di essere preparati ad affrontare eventuali screzi con soggetti di consorterie criminali avverse».

LA REGIONE parte civile “Le condotte criminose contestate agli imputati – si legge nell’atto di costituzione di parte civile della Regione Puglia, assistita dall’avvocato Rita Biancofiore – mirano a falsare le regole della civile convivenza”. L’omicidio della 19enne e il duello armato in una discoteca “finalizzati alla supremazia criminale sul territorio” sono “indicativi del radicamento del fenomeno mafioso e delle conseguenze pregiudizievoli per i cittadini”. “Questi sanguinari delitti – prosegue l’atto – creano conseguenze e danni al territorio per la presenza e l’azione di soggetti che operano senza scrupoli per raggiungere gli obiettivi criminali dei clan, non lesinando l’impiego della violenza e l’uso delle armi”. Non solo. “La circostanza stessa che la comunità pugliese possa essere associata alla presenza di organizzazioni mafiose, costituisce un rilevantissimo danno” allo sviluppo economico del territorio (“in quanto la percezione di mafiosità allontana gli investitori, le imprese i turisti”), alla incolumità dei cittadini e all’immagine della Regione. La richiesta di risarcimento dei danni ammonta a 100mila euro, con 20mila euro di provvisionale.

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