Sabato 06 Settembre 2025 | 23:00

Bari, Olivieri e i veleni sul Comune: «Emiliano mi candidò alle primarie del 2014. Il mio compito? Liste forti per spaccare la destra»

 
massimiliano scagliarini

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massimiliano scagliarini

Bari, i veleni di Olivieri sul Comune: «Alle primarie 2014 mi candidò Emiliano. I voti a mia moglie? Il mio compito era fare liste forti»

L’interrogatorio dell’ex politico: «Non mi interessavano i voti per mia moglie. Nel 2019 dovevo far eleggere i consiglieri da riportare nel centrosinistra»

Sabato 15 Febbraio 2025, 05:09

15:58

BARI - «C’era un progetto ben più ampio», ha detto mercoledì Giacomo Olivieri durante il suo esame nel processo Codice Interno, rispetto al semplice obiettivo di far eleggere sua moglie Maria Carmen Lorusso chiedendo - questa l’accusa della Dda di Bari che lo ha portato in carcere - i voti di tre clan mafiosi di Bari. Quel «progetto più ampio» sarebbe appunto l’operazione coordinata con Michele Emiliano, che avrebbe visto Olivieri sostenere alle primarie del centrodestra il candidato Pasquale Di Rella, ex Pd passato a Forza Italia, facendo così in modo di eliminare dalla corsa il candidato Fabio Romito della Lega che nel 2019 (con Salvini al 30%) era considerato il più pericoloso.

Una affermazione, quella di Olivieri, che da ormai tre giorni inquina i pozzi della politica barese. Nelle 5 ore di interrogatorio che ha sostenuto davanti al gup Giuseppe De Salvatore si comprende infine perché il 65enne ex consigliere regionale, in carcere a Lanciano dal 26 febbraio 2024 in una cella di alta sicurezza, ritiene che questa linea difensiva possa giovargli. Il motivo è in un passaggio dell’esame condotto dall’avvocato Gaetano Castellaneta: «Il mio compito non era quello di procacciare voti per Maria Carmen Lorusso. Il mio compito - ha detto - era quello di procacciare 36 candidati consiglieri comunali e altri 75 per i 5 Municipi di Bari». Facendo eleggere quelli che avrebbe poi riportato a sinistra.

«Il mio ruolo - ha detto Olivieri - era di individuare candidati che raggiungessero il quorum per ottenere l’elezione. Se Maria Carmen Lorusso, che non doveva nemmeno essere candidata perché era incinta, avesse anche raccolto 2.000 voti, non sarebbe bastato perché la lista deve raggiungere il quorum, cioè dai 5 ai 10mila voti a seconda dell’affluenza. Se il quorum non fosse stato raggiunto mi sarei giocato la faccia. Già avendo fatto il modo che Pasquale Di Rella fosse il candidato del centrodestra il mio compito era stato parzialmente raggiunto e Michele Emiliano ne era contento. Mia moglie avrei potuto farla eleggere in qualunque lista, non mi fregava niente che fosse eletta». Affermazione, quest’ultima, che i pm Marco D’Agostino e Fabio Buquicchio hanno fortemente contestato producendo le intercettazioni in cui Olivieri spiega alla moglie che con lo stipendio di consigliere comunale si sarebbe sistemata per 5 anni. Ma lui ha insistito. «È stato Dirella a chiedere insistentemente la candidatura di mia moglie, lei era in maternità e non ero propenso a candidarla».

La Dda di Bari ritiene che Olivieri si sarebbe rivolto a Tommaso Lovreglio e Michele De Tullio, zio e nipote, dipendenti Amtab formalmente incensurati, per sfruttare il peso criminale del boss Savino Parisi di Japigia di cui i due sono parenti acquisiti. Un rapporto che Olivieri diceva di non conoscere. «Non si può pensare che il quorum venga raggiunto se c'è un candidato che ha i voti solo in centro o solo a Poggiofranco. Il quorum deve essere raggiunto con una ripartizione territoriale. Altrimenti la lista potrebbe essere un flop perché anche se un singolo candidato avesse avuto 3mila voti ma la lista non avesse superato 5mila voti non ci sarebbe stata nessuna elezione». Da qui - sembra giustificarsi lui - la necessità di rivolgersi a gente come Lovreglio e De Tullio: Olivieri dal 2013 al 2016 è stato presidente della Multiservizi, dove i fratelli del primo erano assunti. «Sia con la Multiservizi sia con tutte le altre municipalizzate noi politici avevamo rapporti privilegiati. Era normale che alle votazioni comunali partecipassero i dipendenti, erano più sensibili al discorso politico i dipendenti delle partecipate, si cercava di averli in lista come anche c’erano esponenti della sanità perché potessero raccogliere consensi».

Olivieri ha a lungo insistito sulla sua vicinanza al governatore Michele Emiliano per rafforzare la sua tesi del «progetto politico» costruito a tavolino per inquinare il centrodestra. «In quel momento (2018, ndr) ero una delle persone più vicine a Michele Emiliano, ancora di più con Canonico che era presidente dell’ Acquedotto Pugliese (in realtà vice, ndr)». Ha ricordato che nel 2005 fu eletto consigliere regionale in Forza Italia. «Abbandonammo Forza Italia perché c’era Vendola presidente della Regione. Poi nel 2010 fui presentato da Michele Emiliano a Pino Arlacchi, commissario antimafia all’Onu e parlamentare amico di Antonio Di Pietro e così fui candidato nel 2010 con l'Italia dei Valori».

I ragionamenti politici dell’ex avvocato hanno coperto vent’anni di vita politica di Bari. A partire dalle primarie 2014 in cui Olivieri sfidò (perdendo) Antonio Decaro, e in cui altre intercettazioni mostrano che fu lui a ritenere di essere stato fregato proprio da Emiliano. «Nel 2014 Emiliano era sindaco, mi chiama nella sua stanza alla presenza di Alfonso Pisicchio e dell'allora capo di gabinetto Vito Leccese, e mi dice: Decaro non si vuole candidare perché sta a Roma a fare il parlamentare, candidati tu e facciamo le primarie. In quell'occasione mi furono vicini dipendenti della Multiservizi così come di altre municipalizzate». Si arriva fino alle primarie dello scorso anno, che Olivieri ha seguito dal carcere: proprio una chat di tre giorni prima dell’arresto gli sta costando la permanenza in cella. «In quei giorni mi chiamava mezza Bari, c'era Leccese l'attuale sindaco che doveva fare le primarie contro l'avvocato Laforgia. Ma avevo deciso di non schierarmi...».

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