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Omicidio Di Giacomo a Bari, telecamere e tabulati hanno incastrato il killer: l’agguato in tre minuti

Omicidio Di Giacomo a Bari, telecamere e tabulati hanno incastrato il killer: l’agguato in tre minuti

 
isabella maselli

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isabella maselli

Omicidio Di Giacomo a Bari, telecamere e tabulati hanno incastrato il killer: l’agguato in tre minuti

Tanto è bastato al suo assassino per sorprenderlo sotto casa, dove lo aspettava dopo il lavoro e scaricargli addosso l’intero caricatore di una pistola 7.65

Venerdì 24 Gennaio 2025, 07:30

BARI - Mauro Di Giacomo è stato ucciso in tre minuti: tanto è bastato al suo assassino per coglierlo di sorpresa sotto casa, dove lo stava aspettando dopo il lavoro, scaricargli addosso l’intero caricatore di una pistola 7.65, infierire sul corpo ormai esanime della vittima colpendola al volto e fuggire. Per ricostruire quei tre minuti ma, soprattutto, l’identità di quell’assassino e tutto ciò che era accaduto prima dell’omicidio, gli uomini della Squadra mobile di Bari sono partiti da alcune certezze: sette bossoli trovati sull’asfalto, le immagini di 29 telecamere di videosorveglianza, l’analisi dei tabulati telefonici e del contenuto di cellulari e pc, l’audizione dei testimoni oculari. C’è tutto questo nella complessa indagine che ha portato alla identificazione, in pochi giorni, del presunto responsabile della morte del fisioterapista barese, ammazzato nel piazzale sotto casa, in via Tauro nel quartiere Poggiofranco, la sera del 18 dicembre 2023.

Ogni aspetto degli accertamenti eseguiti dai poliziotti è stato spiegato ieri in Corte d’Assise dal commissario Roberto Stramaglia, descrivendo con mappe, fotogrammi e documenti l’evoluzione dell’inchiesta fino alla individuazione di movente e killer. Alla sbarra, con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato da premeditazione, crudeltà, minorata difesa e futili motivi, il 59enne di Canosa Salvatore Vassalli. Sua figlia aveva intentato una causa civile contro Di Giacomo per una manovra fisioterapica che nel 2019 le avrebbe causato un danno ad un braccio: vicenda che per la famiglia Vassalli era diventata un’ossessione.

Ai giudici il commissario Stramaglia ha raccontato punto per punto quello che nelle ore successive al delitto ha condotto gli investigatori alla soluzione del caso, a partire dalla notizia - appresa dai familiari della vittima - dell’esistenza della causa civile per quella vecchia presunta colpa medica. I testimoni oculari avevano descritto un’utilitaria scura sulla scena del crimine, una Hyundai i10 nera per la precisione, immortalata anche dalle telecamere: analizzando le targhe di 4.423 auto di quel modello, è stato accertato che Salvatore Vassalli ne possedeva una così. È stato quindi ricostruito il percorso del killer, che nei mesi precedenti - hanno poi verificato i poliziotti - aveva fatto diversi sopralluoghi a Bari nei posti frequentati dal fisioterapista, casa sua e i luoghi di lavoro, lo studio privato in via Tridente e il Policlinico. Anche l’analisi dei tabulati telefonici di Vassalli ha confermato la sua presenza a Bari, il giorno dell’omicidio, in orari «perfettamente compatibili» con il delitto.

Analizzando tabulati e documenti, gli investigatori hanno scoperto anche un dettaglio inquietante: a settembre 2022, 14 mesi prima dell’omicidio, Vassalli aveva prenotato un appuntamento per una seduta di fisioterapia con Di Giacomo a nome di un noto mafioso lucano, ex datore di lavoro di Vassalli (all’epoca detenuto). «Forse quel nome era stato scelto per incutere timore in Di Giacomo» ha spiegato il commissario. E poi nel pc della figlia di Vassalli, ex paziente della vittima, il file word denominato «merda» nel quale la donna descriveva i suoi contatti con Di Giacomo, esprimendo evidentemente il risentimento nei confronti del professionista. Si tornerà in aula il 25 febbraio per sentire gli ultimi testimoni dell’accusa.

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