BARI - Il motorino era suo ma la droga trovata al suo interno, circa mezzo chilo di marijuana, no. Sabino Capriati, 24 anni, figlio del pregiudicato di Bari Vecchia Lello, ucciso il 1 aprile scorso, è stato assolto «per non aver commesso il fatto» dall'accusa di spaccio. Condanna a un anno e otto mesi per lo zio, il 28enne Onofrio Lorusso.
La vicenda contestata risale al 24 luglio 2020. Capriati, rampollo del clan mafioso del borgo antico, aveva all'epoca meno di vent'anni. La sua moto, parcheggiata sotto casa nel centro storico, risultava sottoposta a fermo amministrativo per guida senza patente e mancanza di copertura assicurativa. Il mezzo emanava un forte odore di marijuana ed è per questo che i carabinieri decisero di controllarlo. Durante la perquisizione, nel sellone della moto, custodite in sei buste di cellophane all'interno di uno zaino, furono così trovate centinaia di dosi di marijuana e cocaina. In particolare, le sei buste - su due delle quali erano state trovate le impronte digitali di Lorusso - contenevano 4 grammi di cocaina e le altre cinque marijuana: 166 grammi, 186 grammi, 19 grammi, 45 grammi divisi in 42 dosi e 67 grammi divisa in 11 dosi. Complessivamente i circa 500 grammi di sostanza stupefacente sottoposta a sequestro avrebbero consentito di ricavare più di 2mila singole dosi destinate, ritengono gli inquirenti, al mercato dello spaccio nelle principali piazze della movida barese.
All'epoca, infatti, il giovanissimo Capriati era monitorato dagli investigatori perché ritenuto tra i pusher della movida della città vecchia, tra strada Santa Maria del Buon Consiglio, largo Annunziata e zona Muraglia, a due passi dal luogo dove era stata trovata parcheggiata la moto. Gli accertamenti sulle buste di droga, però, non hanno poi rilevato le sue tracce ed è forse la ragione per la quale il 24enne, difeso dall'avvocato Donato Colucci, è stato ora assolto al termine del processo celebrato con il rito abbreviato.