La vittima Antonella Lopez è parente di Ivan Lopez e nipote di Francesco, collaboratore di giustizia. Eugenio Palermiti, che presumibilmente era insieme a lei, è figlio e nipote di due esponenti di rilievo dei clan di Japigia. E’ in questo contesto che si deve leggere quanto accaduto nella discoteca Bahia di Molfetta nella notte tra sabato 21 e domenica 22 settembre: la rissa conclusa a colpi di pistola che ha provocato la morte della 19enne.
E’ un pezzo da 90 della mala barese Eugenio Palermiti, protagonista di un pezzo della storia criminale del quartiere Japigia ma – secondo alcune indagini – ancora al centro di importanti traffici e a capo della consorteria mafiosa che porta il suo nome. Il suo soprannome, «il nonno», fa a pugni con la fama di criminale spietato che lo accompagna nella narrazione degli episodi degli ultimi trent’anni. A marzo la Dda ha sequestrato a lui e al figlio Gianni un patrimonio da 12 milioni di euro, compreso un garage con una porta segreta per entrare nell’abitazione del «Nonno».
Eugenio Palermiti è tornato in carcere il 12 febbraio 2024 a seguito dell’operazione «Codice Interno» sui rapporti tra criminalità e politica perché ritenuto il mandante dell’agguato armato subito da Teodoro Greco, un incensurato con rapporti troppo stretti nei clan, a novembre del 2013. La vittima fu colpita alle gambe da due colpi di arma da fuoco che gli procurarono diverse fratture.
L’arresto di Eugenio Palermiti ha provocato contraccolpi nei clan di Japigia. Ma ancora di più ne ha provocate la decisione del figlio Gianni (condannato all’ergastolo) di parlare con i magistrati per spiegare – dal suo punto di vista – le dinamiche dell’agguato mafioso che il 24 settembre 2018 causò, dopo un inseguimento culminato a Carbonara, la morte di Walter Rafaschieri e il ferimento del fratello Alessandro nell’ambito della faida tra Palermiti e Strisciuglio per la gestione dello spaccio a Madonnella.
Ivan Lopez, vicino al clan Strisciuglio, era ritenuto un pesce piccolo della criminalità barese. Il fratello Francesco nel frattempo è diventato collaboratore di giustizia, pare per sfuggire alla faida che avrebbe portato alla morte di Ivan, 31enne ucciso sul lungomare di San Girolamo il 29 settembre del 2021 mentre ritornava a casa su un monopattino. È alle battute iniziali il processo in Corte d’Assise per il delitto commesso sul lungomare IX Maggio di Bari la sera del 29 settembre 2021, all’altezza del Waterfront di San Girolamo. Sono imputati due dei presunti sicari (gli altri non identificati), il 30enne Davide Lepore, ex vicino di casa della vittima e poi costretto a trasferirsi a Bari Vecchia perché vicino al clan Palermiti, rivale degli Strisciuglio, e il 28enne Giovanni Didonna di Cellamare. Il primo accusato di essere l’ideatore ed esecutore materiale del delitto, il secondo di avervi partecipato rubando l’auto usata per l’agguato. Secondo le indagini dei carabinieri, coordinate dai pm della Dda Fabio Buquicchio e Bruna Manganelli, l’omicidio sarebbe stato commesso per vendicare le estorsioni, denaro e gioielli, che Lepore, gestore di tre autorimesse in città, aveva subito dai fratelli Lopez.