Un italiano, un barese di talento, che ha sfondato negli Usa, senza mai dimenticare le proprie radici. È volato via in Arizona, terra di sogni e di chimere, il 24 marzo scorso ma il suo cuore era sempre legato a doppio nodo alla terra natia. Il sogno di Raffaele Paterno si era trasformato in realtà diventando un emigrante di successo dopo un’incredibile storia di sacrifici, da Bari, sua città natale, fino agli Stati Uniti.
Figlio di Francesco, commerciante, e di Anna, casalinga, era nato nel 1932 in via Cattaro, pieno quartiere Madonnella e, ventiquattrenne, dopo aver concluso gli studi e il servizio militare, partì per una sorta di vacanza premio alla volta di New York, dove vivevano parenti di sua madre.
Il destino è sempre nei dettagli: partendo per il lungo viaggio da Napoli, aveva scambiato il suo biglietto, per viaggiare con lo zio che tornava nella Grande Mela, con uno sconosciuto. Il biglietto ceduto era quello di una nave, l’Andrea Doria, che stava per affrontare il suo ultimo viaggio, affondando 26 luglio 1956 a 200 chilometri da New York dove avrebbe dovuto attraccare. L’America lo aveva sedotto: invece di tornare dopo qualche settimana nella terra che gli avrebbe garantito di continuare a lavorare nella solida azienda di famiglia, decise di rimanere lì, con pochi soldi. I parenti non gli offrivano una vita facile e ha dovuto inventarsi qualsiasi tipo di lavoro. Il più strano? Partecipare a un programma televisivo impersonando lo stereotipo dell’italiano, anzi del meridionale che parlava a stento “l’ammericano”, quando invece ormai lo conosceva perfettamente.
La sua strada era però in un altro settore. Munito di un diploma di taglio e cucito speditogli da Bari, necessario per inserirsi nelle quote dei lavoratori ai quali la legge dei tempi consentiva di ottenere il permesso di soggiorno, per acquisire la cittadinanza statunitense ha dovuto rimanere per cinque anni nella Terra di Colombo, senza mai poter tornare nella sua, di terra.
I legami con Bari? Passavano da lunghe lettere scambiate con la mamma che, prima in nave e poi in aereo, affrontò più volte il timore dell’oceano per raggiungerlo, in un’ultima occasione anche senza il sostegno di suo marito, rimasto in Italia per motivi di lavoro.
Raffaele ormai era diventato Ralph nei documenti statunitensi finalmente ottenuti: grazie a tanto impegno aveva rilevato, insieme ad Antony, cugino italo-americano, un negozietto di articoli per la casa, che gli anziani proprietari avevano denominato “Veneziano”. La bottega, situata in una allora anonima Madison Avenue, fu destinato alla vendita di abbigliamento. La marcia in più veniva però dallo stile, l’italianità dei tessuti e degli abiti. Da lì, ogni sei mesi, Ralph partiva per Milano, dove, grazie a una grande intuizione, acquistava, per poi venderli al dettaglio, gli abiti più adatti al gusto newyorkese e prodotti dalle firme all’epoca “rampanti”: Sorelle Fontana, Krizia, Les Copains ed altre, tra le quali Gianni Versace. E lì dove, negli anni, iniziavano a raggiungerlo le grandi attrici del tempo, Candice Bergen tra le altre, che lui consigliava con competenza e anche con una buona dose di “italianità”. Dove anche Jacqueline, all’epoca moglie di John Fitzgerald, arrivava dopo che tutto l’isolato era stato chiuso al traffico, per comprare i sandali e i pantaloni “stile Capri”, che Ralph faceva produrre in quell’isola.
L’affidabilità e il dinamismo tutto barese fecero poi la differenza. Gianni Versace apriva il suo primo store proprio a pochi passi da Veneziano e offriva a Ralph di lavorare per lui. Ottenendo un rifiuto motivato dalla volontà di non chiudere l’ex negozio di cianfrusaglie, condizione del contratto da firmare. Ralph attendeva altri “treni”. Che arrivarono con la proposta di associarsi all’azienda dello stilista calabrese, occupandosi anche dell’attività commerciale che si svolgeva in altre città della East Coast. E mantenendo la proprietà della boutique «Veneziano».
Ormai l’emigrato, che faceva pause pranzo con cibi in scatola o panini nel retro dei camerini di prova, veniva citato dai giornali statunitensi come il pioniere della moda italiana a NYC ed era circondato da uomini importanti, donne famose e modelle … più alte di lui. Tra queste, Carole, che diventò sua moglie. Accompagnandolo in giro per il mondo ma soprattutto in Italia, sia quando veniva per una settimana (quattro giorni a Milano per assistere alle sfilate e tre a Bari, per riabbracciare la famiglia), sia quando, dopo aver finalmente raggiunto la pensione, si tratteneva per tutta l’estate in una villa nel quartiere di Bari Sud, Torre a Mare. E, soprattutto, rimanendo al suo fianco nel buen retiro in Arizona fino al momento in cui lo ha visto respirare per l’ultima volta. Appena possibile Carole porterà qui le ceneri di Ralph, come lui aveva deciso, nel cimitero non distante dal mare. Per farle rimanere proprio a pochi passi da dove vivevano, da oltre un ventennio, per una stagione all’anno, e soprattutto a pochi centimetri da quanto rimane dell’altro fratello, Michele, con il quale aveva conservato un tenero legame costellato di affetto e telefonate ogni domenica sera.