POLIGNANO - Sul muro esterno del Museo Pascali a Polignano si para una scacchiera dipinta in riquadri rossi e bianchi, attraversata dalla scritta inglese fun, che significa divertente o attraente o qualcosa del genere. Si annunzia così la personale di Marco Neri, rinomato artista di origine romagnola (Forlì 1968) che da un po’ di anni vive in Puglia - ora nel Salento - perché insegna nell’Accademia di Belle Arti di Lecce, dopo essere passato da quella di Foggia.
Intrigante ambiguità che si condensa nel salone centrale del Museo. Da una parte si dispone una serie di 14 dipinti (datati 2023) che riproducono bandiere di altrettanti e disparati Paesi del mondo. Sono accomunate soltanto dall’essere (quasi) tutte su unitario fondo rosso interrotto da simboli identitari in bianco (croci, mezze lune, stelle, bande). Una bicromia che trasforma le bandiere in quadri di geometria astratta e minimale, pur con qualche sentore di ironia concettual - pop. Bandiere insomma che non sono (più) bandiere, come la pipa di Magritte. Sono l’ultima trasfigurazione di un percorso partito nel 2001: quando per la Biennale di Venezia curata da Harald Szeeman, Neri tappezzò l’ingresso del Padiglione Centrale ai Giardini con circa 190 bandiere. Ma allora apparvero come annuncio della rassegna intitolata dal grande curatore svizzero «Platea dell’Umanità». L’attuale scarnificazione metafisica discende piuttosto dalla serie di 12 «Bandiere rosse» apparse dal 2010 in diverse occasioni.
Sulla parete maggiore del Salone si para invece un grande polittico, intitolato Square, che propone l’altra faccia, quella dark, del senso della Pittura secondo il nostro autore: una sorta di paesaggio urbano, anzi metropolitano, evocato con profili in nero e quadratini in bianco. È reso ancor più misterioso nel trittico gemello Notte della Ragione che sta solitario in una sala attigua, con gabbie di dischi come oblò o fari e traiettorie stratificate contro una distesa di buio.
Si conferma così - con maggiore intensità pittorica e rarefazione concettuale rispetto alle città invisibili dipinte da Neri negli anni scorsi - l’essenza di astrazione geometrica, architettonica, antinaturalista che Rosalind Krauss motivò sotto la nozione di «griglia» come figura dell’avventura modernista del Novecento. Mediata, nel nostro autore, dal culto per la Grande Forma di tradizione italica. Però, la Pittura assunta dal tempo della disseminazione post-moderna prevede diverse libere uscite dalla griglia.
Altre polarità dialettiche sono proposte in salette ai capi opposti del Museo. Da una parte, le riprese attuali della serie Mirabilandia avviata nel 2001: la Ruota del famoso parco giochi di Ravenna che nella nebbia si fa anch’essa apparizione geometrica in malinconico grigio – ma ironicamente rinchiusa dentro fastose cornici barocche. Fa da contrappunto la serie (tutta nuova, 2024) di bizantini campi dorati percorsi da tre strisce ondulate in bianco, come segnaletica del Mare. Le chiama dubitosamente Icon(e), quasi un indizio liberatorio di nuova vita salentina. Mentre la Pittura assume la terza dimensione fisica nel campanile eretto con cassette di legno indorato nella ex chiesetta di Santo Stefano (come aveva già fatto nel Natale del 2018 per il suo Presepe laico nel soccorpo della chiesa di Triggiano).
Sono le tante variazioni della mostra «About Her» («lei» sarebbe appunto la signora Pittura) curata da Giuseppe Teofilo, con testi in catalogo (ancora inedito) di Davide Ferri e Roberto Lacarbonara. È visibile a Polignano sino al 22 settembre 2024.