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Bari, la superperizia sul rimorchiatore «Franco P»: «Affondato per aver imbarcato troppa acqua»

 
Isabella Maselli

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Isabella Maselli

Bari, la superperizia sul rimorchiatore «Franco P»: «Affondato per aver imbarcato troppa acqua»

Oltre al comandante e ai due armatori la Procura ha iscritto tre ingegneri ispettori del «Rina», il registro italiano navale. Cinque vittime

Martedì 16 Aprile 2024, 11:58

BARI - Si allarga alle presunte responsabilità degli ispettori del Rina, il Registro italiano navale, l’inchiesta sull’affondamento del rimorchiatore «Franco P», avvenuto il 18 maggio 2022 a 50 miglia dalla costa barese, in cui morirono tre componenti dell’equipaggio (il 65enne Luciano Bigoni e il 58enne Andrea Massimo Loi, entrambi di Ancona, e il 63enne di origini tunisine e residente a Pescara Jelali Ahmed) e risultano tuttora dispersi i due marittimi pugliesi Mauro Mongelli di 59 anni e Sergio Bufo di 60 anni.

Inizialmente nell’inchiesta della capitaneria di porto, coordinata dalla pm Luisiana Di Vittorio, erano indagati per cooperazione colposa in naufragio e omicidio colposo plurimo il comandante, il 63enne siciliano Giuseppe Petralia, unico sopravvissuto al naufragio tra coloro che erano a bordo della imbarcazione affondata, gli armatori Antonio Santini e Stefano Marchionne, rispettivamente legale rappresentante e presidente della società Ilma di Ancona proprietaria del rimorchiatore e del pontone AD3.

Nei giorni scorsi è stata depositata la perizia sulle cause dell’affondamento che sarà discussa in un incidente probatorio fissato a metà maggio e dagli atti si evince che nei mesi scorsi la Procura ha iscritto nel registro degli indagati altre tre persone. Si tratta di tre ingegneri del Rina, gli ispettori David Chiucconi e Michele Mancino e il capo ufficio di Ancona Alessandro Paone, incaricati dei controlli e di certificare le condizioni di sicurezza della nave.

L’AFFONDAMENTO Il Rimorchiatore Franco P. è affondato il 18 maggio 2022 alle ore 18 47 minuti e 41 secondi. «Già venti minuti circa prima dell’affondamento - si legge nella perizia redatta dall’ingegnere navale Stefano Vianello e dall’ex comandante della Marina Militare, esperto in materia di sicurezza della navigazione, Gennaro Esposito - la poppa del rimorchiatore era significativamente immersa oltre il dovuto».

Indagando sulle cause, i periti hanno evidenziato alcune criticità. Tra queste: «Un errato calcolo dei tempi di navigazione e di previsto arrivo a Durazzo che può aver influito sulle considerazioni e scelte relativamente alle previsioni meteorologiche che si sarebbero incontrate nel viaggio e che, certamente, erano già note»; la «mancanza a bordo della figura del primo ufficiale di coperta», «da considerarsi assai rilevante, in particolare per la preparazione alla navigazione in sicurezza della nave, prima della partenza, nonché come primo collaboratore del comandante nelle fasi di gestione di una emergenza». I periti hanno inoltre accertato che la «distanza del punto di affondamento del Franco P. ad oltre 50 miglia dalle coste italiane e croate» confermerebbe «una navigazione oltre i limiti imposti all’intero convoglio dal certificato di Idoneità» del pontone AD3.

GLI ACCERTAMENTI TECNICI Secondo i periti «il convoglio navigava, in particolare nelle ultime ore di viaggio, infrangendo i limiti di navigazione imposti, sia per distanza dalla costa che per prevalenti condizioni meteo marine». Quando poi è sopraggiunto il cattivo tempo «l’allagamento delle casse di zavorra, a causa dei portelli stagni aperti», avrebbe «determinato condizioni di stabilità critiche». Secondo i periti cioè, «il mancato soddisfacimento dei criteri di stabilità a nave integra, il mare mosso e le relative onde che spazzavano il ponte, il vento, il rollio, il peso del cavo di rimorchio, avrebbero determinato una situazione critica tale da causare l’affondamento». È «molto verosimile pensare» che «più volte nel corso della navigazione le onde si siano riversate in coperta e che cospicui quantitativi d’acqua di mare siano entrati all’interno delle predette casse di zavorra attraverso le aperture lasciate aperte». In queste condizioni, con «il ponte di coperta ormai totalmente immerso, rendendo possibile l’ingresso di acqua attraverso ulteriori aperture non stagne a scafo», i criteri di stabilità «non sono evidentemente in alcun modo rispettati e gli effettivi margini di stabilità statica e dinamica sono di fatto nulli e dunque tali da comportare che basti un solo alito di vento per capovolgere il rimorchiatore».

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