BARI - Verso il processo 75 ex detenuti nel carcere di Bari che durante il lockdown di quattro anni fa misero in scena una violenta protesta contro le restrizioni imposte dall’emergenza Covid. La rivolta risale al 9 marzo 2020, data di inizio del lockdown imposto dalla pandemia per evitare il rischio di contagi che limitava i colloqui in carcere tra reclusi e parenti. La sospensione dei colloqui per l’emergenza Covid scatenò le proteste dei reclusi in tutta Italia e anche la casa circondariale del capoluogo pugliese fu protagonista di una rivolta, fortunatamente senza feriti gravi o evasi (come invece accadde in altre strutture, per esempio il carcere di Foggia) ma con danneggiamenti e disordini.
«Liberi, liberi, amnistia» urlavano i detenuti dalle celle in risposta ai familiari che contemporaneamente manifestavano in strada, battendo oggetti contro le grate e lanciando dalle finestre fazzoletti dati alle fiamme, mentre all’interno delle sezioni carcerarie rompevano vetri, mobili e oggetti in legno e in acciaio, distruggevano serrature blindate e videocamere di sorveglianza.
Un anno fa la Procura di Bari ha chiuso le indagini su quella rivolta, contestando a 75 persone, quasi uno su cinque dell’intera popolazione carceraria, all’epoca ristrette nel carcere di Carrassi, i reati di danneggiamento aggravato e interruzione di pubblico servizio. Tra loro ci sono volti e nomi noti della criminalità barese.
E mentre mariti, padri, fratelli e figli all’interno protestavano violentemente, all’esterno della casa circondariale una trentina di donne manifestava con striscioni e megafoni: «Mettetevi le mascherine sulla coscienza» e...