Sabato 06 Settembre 2025 | 19:25

Bari, la dura vita del «rider» tra diritti negati e lavoro da conquistare

 
Carmen Palma

Reporter:

Carmen Palma

Bari, la dura vita del «rider» tra diritti negati e lavoro da conquistare

Sono giovani e meno giovani che hanno perso il lavoro, italiani e stranieri che costituiscono un esercito serale e notturno

Mercoledì 08 Novembre 2023, 13:25

BARI - Sono autonomi, di ogni nazionalità e lavorano per più di una piattaforma. Ma, soprattutto, sono aumentati con l’arrivo della pandemia: sono i rider - o ciclofattorini che dir si voglia -, quelli che consegnano il cibo a domicilio in bici o grazie a un ciclomotore. La categoria ormai è parte integrante del panorama urbano e, in seguito al lockdown, ha iniziato a far sentire la propria voce.

La crescita esponenziale dei rider era evidente già da prima del Covid, ma negli ultimi tre anni la professione è esplosa: secondo gli ultimi dati di Assodelivery, nel 2021 il loro numero è raddoppiato rispetto all’anno precedente, quando, cioè, le abitudini degli italiani sono state stravolte per colpa del virus. E con il numero è cambiato anche il profilo del rider: giovani e meno giovani che hanno perso il lavoro, italiani e stranieri, part time per arrotondare ma anche full time, soprattutto uomini. Si gestiscono da soli, accettano un ordine, si recano al locale, ritirano il pacco e si recano all’indirizzo di consegna. Finiscono il turno di lavoro con Just Eat, accendono Glovo per arrotondare, giusto per citare alcune delle piattaforme internazionali più note.

Un lavoro, sulla carta, libero e indipendente. Eppure un rapporto dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) restituisce uno scenario diverso, lontano da stereotipi o facili narrazioni sulla «sharing economy», che si configura, al contrario, come una forma di lavoro fortemente controllata, svolta nei tempi e nei modi stabiliti dalla piattaforma, per molti unica scelta in assenza di alternative occupazionali. Lo dimostra il caso di Sebastian Galassi, il rider 26enne licenziato dalla società Glovo perché che non aveva effettuato una consegna che gli era stata affidata. Il tutto tramite un messaggio freddo, di quelli preimpostati, che il ragazzo non ha mai letto perché è morto un anno fa in un incidente stradale, a Firenze, proprio mentre effettuava quell’ultima consegna.

Le condizioni contrattuali cambiano a seconda della piattaforma, non cambia invece il fatto che spese come assicurazioni e benzina sono a carico dei rider. Con il crescere della categoria, sono aumentate anche le rivendicazioni e le proteste, alcune delle quali hanno portato anche a risultati importanti.

JustEat, ad esempio, ha iniziato a dare un lavoro stabile ai suoi fattorini, assumendoli come dipendenti. Una scelta controcorrente nell’Olimpo del food delivery, visto che le concorrenti Glovo, Uber Eats e Deliveroo continuano a mantenere il modello del lavoro autonomo. L’accordo raggiunto questa estate a Bruxelles, tuttavia, potrebbe cambiare le carte in tavola, visto che il Consiglio dell’Unione Europea ha stabilito una stretta sulle piattaforme che assumono i rider come liberi professionisti trattandoli, tuttavia, come veri e propri dipendenti. Saranno sette i criteri necessari a stabilire il tipo di rapporto di lavoro (autonomo o non), al rider ne basteranno tre per chiedere di essere stabilizzato. Non dovrà essere il dipendente a far valere le proprie ragioni, ma «spetterà alla piattaforma digitale dimostrare che non esiste alcun rapporto di lavoro».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)