Le statistiche affermano che in Italia d’estate assieme al caldo esplode la violenza sulle donne. I maschi picchiano. E questa estate qui non fa eccezione. «Abbiamo registrato un aumento di casi di violenze nel trimestre estivo. Sono interventi in cui la donna deve salvare la vita a sé stessa e ai bambini. Ci sono anche referti gravi dagli ospedali», spiega Marika Massara, coordinatrice Centro Antiviolenza Assessorato al Welfare Comune di Bari e Rete Centri Antiviolenza SanFra, cooperativa Medihospes. E aggiunge: «Abbiamo un aumento degli interventi in emergenza un po’ come è stato durante il lockdown: convivenza forzata, i bimbi che non frequentano la scuola, non si va a lavorare e la donna resta sola con il suo aguzzino».
Purtroppo, ancora oggi in Puglia e Basilicata sono molte le donne che non si rivolgono ai Centri Antiviolenza (Cav). Molte ci arrivano di “carambola”, passando dall’ospedale o dai Carabinieri. Infatti, secondo il rapporto «Sistema della Protezione per le donne vittime di violenza» pubblicato il 7 agosto scorso dall’Istat, «in Basilicata è dell’86% la percentuale di donne che prima di andare al Cav si rivolge alle forze dell’ordine (contro un 30% del totale nazionale) e al pronto soccorso/ospedale (57% contro il 19% a livello nazionale)».
Un dato allarmante per Massara secondo cui: «Vanno dalle forze dell’ordine o al pronto soccorso quando sono col coltello alla gola, in situazioni di emergenza in cui sono obbligate, rischiano la pelle e chiedono aiuto».
Sempre secondo Istat, «in Puglia è maggiore la quota delle donne che si sono recate ai servizi sociali (28% contro un dato nazionale del 15%)». E questo nonostante il numero verde nazionale 1522 che è attivo 24 ore su 24 e che gira la telefonata al Cav più vicino.
Per Massara ciò si spiega anche perché «con i servizi del territorio si è sviluppata una stretta sinergia che consente di far emergere il sommerso».
Nonostante le importanti campagne di informazione e sensibilizzazione, forse c’è anche un tema di comunicazione. Quante donne sanno che esistono i Cav e come funzionano?
«Io credo che abbiamo fatto molto, ma dobbiamo fare ancora tanta informazione di base con Comuni e servizi sociali - afferma Rosa Barone, assessore della Regione Puglia al Welfare, Politiche di benessere sociale e pari opportunità, Programmazione sociale ed integrazione socio-sanitaria - Anche perché un Cav ascolta e non obbliga alla denuncia. Sono operatori formati e la Regione Puglia usa i fondi propri per formarli, attraverso le Università. Al Cav garantiscono ascolto, accolgono e non giudicano. Essendo servizi dell’ambito territoriale sono presenti in più paesi e, quindi, se sono di Carapelle posso andare nello stesso ambito a Cerignola, evitando così anche il disagio dovuto magari al fatto che nei paesi piccoli ci si conosce tutti. Perché anche solo affacciarsi al Cav per tante può essere motivo di vergogna. Al Cav offrono consulenza legale e psicologica. Se ci sono minori ci sono supporti anche per questi. Se c’è necessità, sono individuate delle case rifugio in cui la donna può andare ad abitare, fuori dal comune di residenza. Sono servizi gratuiti e nella massima riservatezza. Inoltre, per le donne che denunciano la Regione ha introdotto dalla scorsa annualità il reddito di dignità, che credo sia di 500 euro mensili».
Secondo l’ultimo Focus della Regione Puglia, nel 2022 ai 27 centri antiviolenza operativi si sono rivolte 2.258 donne.