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Bari, le suore dell'istituto scolastico «Margherita» non devono demolire un vano

 
isabella maselli

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isabella maselli

Bari, le suore dell'istituto scolastico «Margherita» non devono demolire un vano

Accolto il ricorso delle religiose proprietarie dell’immobile: «Nessun vincolo»

Martedì 22 Agosto 2023, 14:30

BARI - L’immobile dove ha sede l’istituto scolastico Margherita, in corso Benedetto Croce, non è un bene di interesse culturale tale da essere sottoposto a vincolo e, di conseguenza, il vano tecnico «abusivo» realizzato trent’anni fa può essere condonato.

Lo ha stabilito il Tar Puglia che ha accolto il ricorso della Congregazione Suore di Carità delle Sante Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa, proprietaria della struttura. Il contenzioso riguardava l’ordine di demolizione di un vano tecnico - costruito nel 1992 - di collegamento tra la parte originaria dell’immobile e l’ampliamento realizzato nel 1971.

Il fabbricato è stato infatti edificato in due distinte epoche: una parte dopo il 1924, rappresentata dal corpo di fabbrica principale prospiciente corso Croce e quella più recente, del 1971, su via Sabotino, che ospita palestra, aule scolastiche e cappella dell’Istituto, oltre al prolungamento dell’ala prospiciente via Piave. Nel 1992, poi, è stato realizzato «sine titulo» sul solaio un vano di collegamento tra i due fabbricati, con un aumento di superficie di circa 30 mq, ottenuto attraverso la realizzazione di pareti di chiusura al di sotto della pensilina preesistente di collegamento tra il vano ascensore e il corpo lavanderia, «dando vita - si precisa nella sentenza - ad un’opera visibile soltanto dallo stesso lastrico solare».

A marzo 2004 la Congregazione ha presentato istanza di condono. Il Comune ha risposto a gennaio 2019, circa quindici anni dopo, trasmettendo la comunicazione alla Soprintendenza per ottenerne il parere, nonostante l’immobile non fosse mai stato riconosciuto bene culturale. Ad aprile di quell’anno la Soprintendenza ha comunicato l’avvio del procedimento sanzionatorio di demolizione, fondato proprio sul «presunto vincolo gravante sull’immobile».

Scaduti i termini per emanare il decreto sanzionatorio (180 giorni dalla comunicazione), la Soprintendenza ha avviato un procedimento di vincolo e, a dicembre 2021, ha comunicato l’avvio di un nuovo procedimento sanzionatorio, concluso con l’ordine di demolizione. Nel frattempo, ad agosto 2022, la Commissione regionale per il patrimonio culturale ha notificato il decreto di dichiarazione d’ufficio dell’interesse culturale dell’immobile, quale atto conclusivo del procedimento di vincolo.

«Il punto centrale della controversia - secondo i giudici - va individuato nella non ascrivibilità dell’immobile in questione al novero dei beni culturali vincolati ex lege». «Tale non può ritenersi l’immobile in questione - chiarisce il Tar - non essendo trascorsi almeno 70 anni dall’ultimazione e scontando l’edificio una mescolanza di stili in relazione ai periodi in cui l’edificazione si è via via sviluppata e completata. In ogni caso, quand’anche si volesse condividere la regolarità del procedimento seguito dall’amministrazione, la motivazione del decreto sanzionatorio si rivelerebbe insufficiente a sostenere l’ordine ripristinatorio, non facendo alcun esplicito riferimento al danno concreto che la piccola costruzione di collegamento dei due corpi e l’installazione dell’impianto solare termico avrebbero arrecato al bene».

Così il Tribunale ha accolto il ricorso della Congregazione, assistita nel procedimento dall’avvocato Saverio Profeta, ha annullato l’ordine di demolizione e anche la dichiarazione d’ufficio dell’interesse culturale dell’immobile, condannando anche il Ministero della Cultura a pagare 2500 euro di spese.

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