BARI - «La vertenza Baritech non deve essere solo la lotta dei 113 lavoratori ormai verso il licenziamento, ma la vertenza di tutti noi, portata avanti insieme». È chiara sin da subito la posizione della Cgil Bari, attraverso le parole della segretaria generale Gigia Bucci, sulla crisi aziendale che al momento nel Barese sta catalizzando gran parte delle attenzioni. In un territorio dove nell’ultimo anno l’allarme sulla «Vertenza Bari» si è ulteriormente aggravato, invece di trovare soluzioni.
E quello che viene lanciato è un appello: «Ci rivolgiamo agli imprenditori locali e nazionali perché si facciano avanti, non attraverso annunci sui giornali, ma con la presentazione fattiva di manifestazioni di interesse».
Al momento per i dipendenti Baritech il precipitare della situazione è determinato dal concludersi del periodo di cassa integrazione al 31 gennaio e dall’unica certezza messa nero su bianco: l’annuncio dell’arrivo delle raccomandate che avviano il licenziamento a partire da oggi. Ieri Baritech ha rifiutato ogni possibile ipotesi per un altro mese di cassa integrazione.
È da oltre 10 mesi che si stanno cercando soluzioni per salvare i lavoratori che sono passati dal produrre lampadine per Osram, a fare il tessuto per le mascherine chirurgiche. L’ultima speranza in ordine di tempo è stata rappresentata da una manifestazione di interesse di una società immobiliare bresciana, la Arborio, presentata a dicembre e che di fatto si è dimostrata inconsistente, mentre in queste ultimissime ore sembra che sia stata presentata una nuova richiesta di approfondimento per un investimento da parte di uno studio di consulenza legale di Milano, che si sarebbe presentato ufficialmente con nomi e cognomi.
Ma questa trattativa con Arborio c’è mai stata? I lavoratori sollevano persino dubbi.
«La trattativa c’è stata e come. Abbiamo visto un loro procuratore fare delle dichiarazioni, venire ai comitati Sepac, la task force regionale per il lavoro, presentare una offerta vincolante e poi all’improvviso la retromarcia sotto forma di pec. I lavoratori ci hanno accusato di averli presi in giro, ma non è così. A questo punto è questa società che ha preso in giro la Regione, noi sindacati, il sindaco di Bari e tutti gli altri sindaci e istituzioni coinvolti».
A questo punto cosa proponete a difesa dei 113 dipendenti avviati al licenziamento?
«Il 18 novembre c’è stato un incontro Sepac con un consorzio stabile di imprese che hanno presentato un progetto di piattaforma logistico-farmaceutica, che ci consegna un progetto occupazionale sul quale si potrebbe spingere perché tutti i lavoratori potrebbero essere assorbiti. Si potrebbe rendere produttivo il periodo di Naspi attraverso percorsi di formazione che li riqualifichino per quel progetto. È un tentativo, ma il nostro compito è quello di creare le condizioni affinché i miracoli avvengano».
E questo può essere un «miracolo»?
«Noi non lo sappiamo, non facciamo il tifo per nessuno. A questo punto noi chiediamo alla Regione di verificare se è ancora attuale quella proposta».
È notizia di ieri che una azienda di Mola che produce bici elettriche si è detta disponibile a rilevare stabilimento e lavoratori. Un nuovo colpo di scena?
«Una azienda che al momento non si era mia affacciata neanche in maniera fugace in alcuna trattativa o anche chiacchierata informale. Tra 14 manifestazioni di interesse, se non abbiamo contato male, questa società non si era mai sentita. Noi non conosciamo in alcun modo questa offerta, ma vorremo evitare che Baritech diventi una passerella da parte di aziende solo per farsi pubblicità, tanto più che, se alle promesse non succedono i fatti, il tutto rischia di diventare un boomerang».
La vertenza Baritech ha tolto il sonno ai 113 lavoratori e alle loro famiglie, ma preoccupa anche il territorio dove ci sono tante altre crisi.
«Tutte le storie non sono mai slegate rispetto a quelle passate e a quelle che verranno, a noi preoccupa il fatto che questa vertenza possa essere un precedente avvilente. Laddove si dice all’impresa: potete venire, fare business con aiuti pubblici ed andarvene senza aver danni. E invece così non è e non deve essere. Che sia chiaro: il valore del profitto non può andar oltre la vita dei lavoratori. Spesso c’è da parte delle imprese una sorta di alibi per non assumere: i lavoratori non hanno le giuste competenze. In questo caso abbiamo il tempo per la riqualificazione. E la dimostrazione sono gli stessi lavoratori Baritech che autonomamente sono riusciti a passare dal produrre lampadine a fare tessuto per le mascherine. Lo hanno fatto in un mese. Qui dobbiamo farci una domanda e trovare una risposta: quale lavoro vogliamo generare? E dobbiamo puntare alla qualità, che deve venire prima della quantità. Spesso le imprese lamentano le loro difficoltà a fare investimenti sul tema della burocrazia. Questo di Baritech è il caso contrario. Qui ci sono Istituzioni pronte a sostenere gli investimenti, accelerare alcuni percorsi, di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per riconvertire il personale senza caricare di costi l’impresa. Questa mi sembra ed è l’occasione ideale»
Nonostante Baritech al momento sembra abbia chiuso tutte le porte.