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Covid, parla ristoratore barese a Shanghai: «I cinesi hanno paura»

 
Flavio Campanella

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Flavio Campanella

Covid, parla ristoratore barese a Shanghai: «I cinesi hanno paura»

«La metà dei cittadini è malata, l’altra metà resta a casa»

Mercoledì 04 Gennaio 2023, 14:05

«Ero a casa in attesa di un tampone perché bloccato dal codice rosso notificato dall’applicazione che in Cina monitora i contatti con i positivi. Ma stranamente nessun operatore arrivava per prelevare il campione. L’altro giorno ho chiamato per ore il numero dedicato 12345 senza esito. Poi nel pomeriggio un addetto mi ha risposto, informandomi che non sarebbe venuto nessuno e invitandomi a recarmi nel centro per i test più vicino. Ho capito che qualcosa era cambiato. È stato il segnale della fine della tolleranza zero contro il Covid». Roberto Bernasconi, 56 anni, barese residente a Shanghai, sposato con una donna cinese e titolare del ristorante Porto Matto, ha vissuto in prima persona agli inizi di dicembre il clamoroso dietrofront delle autorità della Repubblica popolare in seguito alle reiterate proteste in tutto il Paese da parte dei cittadini, esasperati dalle rigide restrizioni mantenute a lungo nel tentativo di tenere a bada la circolazione del virus. Contrariamente a quanto avvenuto fino a poche settimane fa, il “liberi tutti” sarà addirittura completo dall’8 gennaio, quando i viaggiatori in entrata dall’estero non dovranno più subire l’iter burocratico-sanitario, ideato per arginare la diffusione di Sars-CoV-2, che prevedeva quarantene infinite a proprie spese con il rischio di finire in qualche struttura di isolamento in caso di positività, anche asintomatica. In men che non si dica si è passati dunque da un isolamento di otto giorni (cinque da spendere in un hotel o centro designato, i restanti presso il domicilio) alla semplice presentazione di un risultato negativo al test Covid entro 48 ore dalla partenza.

A fine gennaio ci sarà un banco di prova cruciale. Il Capodanno cinese è imminente: cadrà il 22. Centinaia di milioni di persone (moltissime delle quali non incontrano i parenti da almeno due anni) si sposteranno contribuendo a portare il virus dalle città alle zone rurali, peraltro meno attrezzate dal punto di vista del servizio sanitario. La festività contribuirà a cancellare le remore a spostarsi che al momento, secondo chi li conosce bene, i cinesi ancora hanno. «A Shanghai in queste settimane è come se ogni giorno fosse la mattina presto del 1° gennaio da noi - afferma Bernasconi -. La metropoli (26 milioni di abitanti - n.d.r.) è pressoché deserta. La metà della popolazione è a casa malata, l’altra metà se può non esce per il timore di contrarre il virus. Ma c’è poco da fare. Entro marzo quasi tutti si saranno infettati. Io stesso sono reduce da dieci giorni di positività. Sono stato sintomatico per 48 ore con febbre a 40°, un forte mal di testa, mal di gola e naso chiuso. Probabilmente a contagiarmi è stato un membro del mio staff. Poi sono stato io a trasmettere il virus a tutta la mia famiglia. Nonostante le cure a casa, ancora oggi avverto degli strascichi e un senso di spossatezza. Ma ho ripreso a lavorare, anche se a fine dicembre abbiamo dovuto chiudere per 5 giorni: quasi la totalità dei miei dipendenti si è ammalata. Al momento si può tornare all’attività quotidiana se si è asintomatici, ma, come detto, la gente è molto cauta. Ovviamente ne risentono gli affari».

I grandi numeri stanno stressando il sistema sanitario cinese. La politica delle restrizioni e una campagna vaccinale non particolarmente efficace hanno reso i cittadini suscettibili al virus. A quanto pare, adesso si mira all'immunità di massa, nonostante questo significhi un surplus di lavoro nei presidi. Almeno a Shanghai, però, l’emergenza Omicron si avverte in modo meno dirompente rispetto a quanto si percepisca in Italia. «Qui gli ospedali non sono strapieni - continua Bernasconi -. Non ho visto file di ambulanze. Otto persone su dieci si stanno curando a domicilio e moltissime sono asintomatiche. Pur essendo meno protetti rispetto all’Italia, gli anziani riescono a superare la malattia, tranne per casi particolari, ad esempio la concomitanza di vecchiaia, patologie croniche e mancanza di profilassi. Due zie di mia moglie ricoverate in case di riposo si sono riprese. Una in particolare è affetta da diverse malattie, ma ha superato la fase critica. In quella struttura solo un 87enne è morto per Covid. Certo, fa un certo effetto muoversi senza alcun obbligo, nemmeno quello di indossare la mascherina, anche se in realtà qui la portano tutti. Personalmente ho ricevuto due dosi di Sinovac, l’ultima delle quali un anno e mezzo fa. Se poi avverti qualche sintomo, fai il test, che ora è a tue spese (19 renminbi, 2,5 euro - n.d.r.). Per quanto possa testimoniare, il 70% dei miei contatti, clienti compresi, è stato o è positivo al Covid. Ma ora quando entri nei locali, ma vale anche nei reparti ospedalieri, lo scansionamento per tracciare gli spostamenti non è più obbligatorio». 

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