In 1700 anni le ossa di San Nicola sono state viste e studiate una sola volta, nel 1953. Se ne occupò il barese Luigi Martino, professore di anatomia e radiologo. Fu la prima e unica occasione di aprire la tomba del santo e dare verità scientifica a quello che fino ad allora era stato solo fede. Nel 2005 all’istituto di medicina legale del Policlinico, guidato dal professor Francesco Introna, è stato affidato il compito di ricostruire virtualmente la testa del santo di Myra, sulla base della radiografie fatte cinquant’anni prima. E così l’equipe di Introna ha dato un volto a San Nicola: mascella importante e sporgente, naso leggermente storto. Senza dna non è possibile sapere di che colore avesse gli occhi, i capelli e la barba, ma un artista russo, utilizzando la ricostruzione realizzata dagli esperti baresi con la professoressa Caroline Wilkinson del Manchester Institute of Technology, ne ha riprodotto le fattezze.
La cripta della Basilica di San Nicola conserva la gran parte delle reliquie del santo. Un omero integro un tempo custodito nella chiesa di Rimini è stato poi donato alla chiesa ortodossa, alcune dita sono in Francia, altre ossa sono ad Antalya, in Turchia (ma si tratterebbe di false reliquie) e ulteriori frammenti si trovano nella chiesa di San Nicolò al porto di Venezia.
Ed è da questi piccoli frammenti che potrebbe arrivare la svolta. Una associazione veneta sta valutando se sollecitare la riapertura del sacello con le reliquie per tentare di estrarne il dna. Operazioni alle quali potrebbe essere chiamato a collaborare l’istituto di antopologia forense di Bari.
Le informazioni al momento in possesso degli esperti derivano da quello studio fatto negli anni Cinquanta lì dove il santo «riposa», nella Basilica nel cuore della città vecchia del capoluogo pugliese. Il professor Martino all’epoca, oltre a fare due radiografie del cranio, prese tutti i punti trigonometrici che poi sono stati utilizzati dall’equipe del professor Introna per la ricostruzione del volto. Sono stati inseriti in un programma ottenendo una modello digitale sul quale sono stati sovrapposti i tessuti molli e così è stato ricomposto il viso. Un «volto grezzo» spiega il professor Introna, sul quale poi ha lavorato un artista, fino a realizzare l’unica icona che raffigura il santo 80enne con il suo vero volto.
Questo accadeva nel 2005. Nel 2017, poi, una costa del santo fu traslata in Russia. E anche questa fu un’operazione tra sacro e scienza. Una squadra di esperti composta dai medici legali Introna, Aldo Di Fazio e Sara Sablone, con il tecnico video Angelo Venosa, l’endoscopista Onofrio Caputi Iambrenghi e la sua assistente, è entrata nel sacello con un gastroscopio, dallo stesso buco da cui si estrae la mamma. Così è stata estratta la costa che è stata anche analizzata dal professor Giuseppe Rubini e ha rivelato «un dato che mi ha stupito - ha ammesso Introna - dalla densitometria ossea. Quelle ossa sono mantenute da 1700 anni in un ambiente umido», la sacra manna, acqua purissima che si trova nella tomba del santo e «di cui mi bagnai tutte la mani quando estrassi la costa» racconta il medico legale. Quelle ossa «dovrebbero avere la stessa consistenza di un cartone bagnato e invece sono belle solide». Alla domanda se sia questo il miracolo, il professore risponde: «non è spiegabile scientificamente».