«Andando contro ogni principio di buon senso e di inclusione sociale, quest'anno Jacopo resterà a casa invece che andare a scuola. Ci siamo arresi alla scuola parentale. È una sconfitta del sistema, prima ancora che nostra, ma sempre sconfitta è. Tenerlo a casa per proteggerlo dalla scuola, con molta, molta amarezza, ma ci siamo giocati pezzi di salute e di benessere psichico troppo importanti in questi anni. Brindiamo idealmente al sistema scolastico inclusivo "più bello del mondo": noi ci siamo arresi. In bocca al lupo a chi resiste». Poche, laconiche parole su Facebook con cui la barese Maria Grazia Fiore comunica di aver deciso di tenere per quest'anno il figlio autistico non verbale a casa, dopo aver cambiato 17 prof di sostegno negli ultimi dieci anni.
Il ragazzo ne ha 16, e non frequenterà la scuola pubblica. In questi giorni la storia di Maria Grazia ha avuto tanta risonanza mediatica, ma la questione è andata avanti, e nelle ultime ore la donna ha interpellato anche il sindaco della città, Antonio Decaro. «La normativa dice che lei è una delle due figure incaricate di vigilare sull’adempimento dell’obbligo scolastico di mio figlio - scrive - che non è a scuola ma a casa per istruzione parentale. In queste utime settimane, si è parlato molto della nostra scelta di genitori di Jacopo, non verbale, nella condizione dello spettro autistico, fatta a tutela del suo benessere psicofisico nonché della sua dignità di studente. Mi dispiace che se ne siano accorti in molti sul territorio italiano ma non nella mia città. Mi auguro di poterla incontrare al più presto per confrontarci su ciò che il sistema può fare per noi, in quanto la nostra scelta non è una resa ma un urlo di denuncia. Attendo fiduciosamente un suo cenno».