BARI - C’è anche la «Confraternita del Santa Maria Goretti Quondam Santa Filomena», che ha sede nella chiesa di San Ferdinando in via Sparano, tra le aspiranti parti civili nel processo sulla vecchia malagestione della Banca popolare di Bari. L’associazione, assistita dall’avvocato Francesco Andriola, sarebbe stata raggirata con l’acquisto di 12mila titoli per complessivi 30mila euro, il cui valore è poi stato quasi azzerato.
Nella prima udienza del processo iniziato ieri dinanzi alla prima sezione penale del Tribunale di Bari (presidente Rossella Calia Di Pinto), nell’aula appositamente allestita nella Fiera del Levante, hanno chiesto di costituirsi circa un migliaio di altre parti civili, prevalentemente azionisti, in aggiunta alle 1.540 già costituite in udienza preliminare. Per l’Unione nazionale consumatori, già parte civile nel processo, «è incredibile come su circa 60mila azionisti soltanto il 4% sia qui a difendere i propri interessi. Non so se sia rassegnazione o mancanza di fiducia nelle istituzioni».
Tra le altre parti civili costituite ci sono Federconsumatori Puglia, Codacons, Comune di Bari, Regione Puglia. In particolare la Regione, assistita dagli avvocati Gaetano Sassanelli e Gianluca Loconsole, motivando la propria costituzione, ha evidenziato che «i fatti contestati hanno anzitutto leso l’immagine» dell’ente, anche «rispetto alle attrattive imprenditoriali del territorio, sia per le ricadute occupazionali, che per l’affidabilità del mercato regionale così gravemente inquinato e ferito per il danno inferto al tessuto economico e alla produttività della regione». È «innegabile», dice la Regione, che «la vicenda BpB impatti pesantemente sul tessuto produttivo e economico pugliese di cui l’amministrazione regionale è garante e custode».
A processo sono Gianluca Jacobini, ex condirettore della Popolare di Bari, Giuseppe Marella e Nicola Loperfido, rispettivamente responsabili dell’Internal Audit e della Direzione Business dell’istituto di credito barese, commissariato nel dicembre 2019, imputati per ostacolo alla vigilanza e false comunicazioni sociali. È il terzo processo sulla vecchia gestione della banca barese e riguarda le cosiddette «operazioni baciate». Stando alle indagini della Guardia di Finanza, coordinate dal procuratore Roberto Rossi con i sostituti Savina Toscani e Federico Perrone Capano, gli ex amministratori avrebbero concesso finanziamenti a grossi gruppi imprenditoriali, a patto che una parte di quei soldi fosse usata per acquistare azioni e titoli. Il valore delle azioni così vendute, di fatto comprate con fondi della banca stessa, sarebbe poi stato inserito indebitamente nel «patrimonio di vigilanza», falsificando e sovrastimando la situazione economica dell’istituto di credito. In questo modo avrebbero ingannato Bankitalia e tutti gli altri soci presentando una solidità finanziaria inesistente.
L’istituto di credito è costituito come responsabile civile. Le nuove aspirante parti civili hanno depositato memorie che le difese degli imputati, gli avvocati Giorgio Perroni, Guido Carlo Alleva, Andrea Di Comite e Nicola Quaranta, hanno chiesto di visionare per eventuali eccezioni. Si tornerà in aula il 18 gennaio per discutere le questioni preliminari e poi si entrerà nel vivo del processo.