BARI - «Ti sei dimenticato di me». Oppure «Mi stai trascurando». Oppure ancora «Dobbiamo fare il punto della situazione». Frasi a cui poi seguivano incontri in posti insoliti, tipo parcheggi o stazioni di servizio. Scenari un po’ più adatti a situazioni clandestine che ad appuntamenti tra un dirigente pubblico e ad un appaltatore. Ma è in questo modus operandi, ricostruito con l’ascolto di centinaia di ore di intercettazioni, che la Procura di Bari sta cercando le tracce di altre possibili tangenti prese dall’ex capo della Protezione civile pugliese, Mario Lerario.
L’ex dirigente sarà processato l’8 luglio con il rito abbreviato davanti al gup Marco Galesi insieme con uno dei due imprenditori, Luca Leccese, con cui è stato arrestato per tangenti il 23 dicembre. L’altro imprenditore, Donato Mottola, ha invece scelto di affrontare il dibattimento che comincerà domani davanti alla Prima sezione collegiale del Tribunale di Bari (presidente Marrone). Il procuratore Roberto Rossi e l’aggiunto Alessio Coccioli, che hanno chiesto il giudizio immediato cautelare dei tre (tutti ai domiciliari), contestano due mazzette per 30mila euro collegate agli appalti vinti dalle imprese di Leccese e Mottola. Soldi che - secondo l’accusa - non erano un regalo per la cortesia mostrata dal dirigente, come hanno raccontato i due imprenditori, ma il corrispettivo per aver affidato loro contratti per oltre 5 milioni in assenza dei requisiti di legge. Da qui l’accusa di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio.
Le indagini della Guardia di finanza però vanno avanti e puntano a capire se ci siano state altre dazioni di denaro. L’analisi dei flussi sui conti correnti di Lerario e dei suoi familiari ha fatto emergere l’esistenza di flussi sospetti per circa 100mila euro tra il 2020 e la data dell’arresto. E quel linguaggio criptico usato al telefono, con il dirigente che si rivolge a qualcuno come fosse un innamorato deluso, porta la Procura a ritenere che i due episodi documentati di corruzione non siano stati isolati, anche perché gli incontri tra Lerario e gli imprenditori - nota chi sta valutando gli indizi raccolti - seguivano un doppio binario: in ufficio o sui cantieri, cioè in pubblico, ma anche in posti appartati e lontani da sguardi indiscreti. Sospetti che naturalmente dovranno essere provati.
Al momento le accuse di corruzione già formalizzate sono cinque. Oltre alle due approdate all’esame dei giudici, ci sono quelle che riguardano Lerario con Francesco Girardi, 35 anni, di Acquaviva: la sua G. Scavi tra aprile 2020 a ottobre 2021 ha ottenuto otto appalti di cui «3 con procedura negoziata ad inviti e 5 con affidamento diretto». Le telecamere di una stazione di servizio hanno consentito di documentare gli incontri e gli scambi di documenti di Lerario e Girardi, che per questo sono accusati di corruzione e turbativa d’asta. Stesse accuse contestate a Lerario in concorso (separatamente tra loro) con l’imprenditore barese Sigismondo Zema e il costruttore Domenico Tancredi di Altamura. Il primo ha fornito centinaia di migliaia di euro di mobili e suppellettili sia alla Protezione civile che agli uffici della Regione quando Lerario era dirigente dell’Economato. Il secondo è dipendente (e fratello del titolare) della Tancredi Restauri di Altamura, componente per il 18% del raggruppamento di imprese che ha ristrutturato il teatro Kursaal di Bari e che si stava occupando della ristrutturazione di un immobile comprato da Lerario nel centro storico di Acquaviva.