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Bari, «Così hanno truccato l’appalto per l’ospedale della Fiera»

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

Bari, bufera sull’ospedale in Fiera. I sindacati: disastro annunciato

Le carte dell’indagine sulla Protezione civile: «Favoriti gli amici di Lerario»

Mercoledì 02 Marzo 2022, 07:30

09 Marzo 2022, 11:42

L’appalto dell’ospedale della Fiera del Levante come un enorme puzzle. Un disegno in cui i pezzi centrali sembrano sapientemente predisposti. Gli atti che la Procura di Bari ha depositato al Tribunale del Riesame permettono di illuminare i contorni dell’indagine sugli appalti della Protezione civile della Regione Puglia, quella che il 23 dicembre ha portato in carcere (dove tuttora si trova) l’ex dirigente Mario Lerario, preso in flagrante mentre incassava la mazzetta natalizia da 10mila euro. Spiccioli, in confronto ai milioni di cui parliamo.

Il sospetto del procuratore Roberto Rossi e dell’aggiunto Alessio Coccioli è che gli appalti dell’emergenza affidati da Lerario e dall’ex responsabile del procedimento Antonio Mercurio (indagato per concorso in falso e turbativa d’asta) rispondano soprattutto all’esigenza di accontentare gli amici. «I pubblici ufficiali - scrivono i finanzieri baresi coordinati dal tenente colonnello Roberto Maniscalco - appaiono contestualmente titolari, nei confronti di privati imprenditori, di interessi economici personali o di terzi, la cui soddisfazione potrebbe influenzare, già a monte, la scelta dell’operatore economico».
La summa di questo teorema (nel senso che la ricostruzione deve ancora passare al vaglio di un magistrato) è, appunto, nei lavori per l’ospedale in Fiera. Quelli aggiudicati al raggruppamento Barozzi-ltem Oxygen di Altamura che, con un ribasso dell' 11% sulla base d'asta (rispetto al 12% dell'altra partecipante) «ha ottenuto il margine di punteggio più elevato rispetto alla concorrente Operamed srl (67 punti contro 58) proprio in ragione delle “migliorie” proposte dalla stessa al progetto a base di gara». Tra queste figura la «“predisposizione per allocazione di n. 2 sale operatorie”, ritenute essenziali all'interno di un Covid Hospital ad alta intensità di cura» eppure non previste nel progetto mandato in gara.

Ebbene, il 20 dicembre Lerario e Mercurio firmano un ordine di servizio da un milione di euro per realizzare proprio quelle due sale operatorie (non previste eppure proposte dal vincitore), sulla base di un computo metrico presentato il 13 dicembre dalla Cobar. Due giorni prima - mostrando capacità divinatorie non comuni - Lerario e Mercurio avevano già impegnato la somma esatta necessaria ai lavori. Ma non solo. «Alcune delle schede tecniche dei materiali, allegate al computo metrico recante la specifica “Sala operatoria Covid-19” - annotano i finanzieri -, riportano la data di stampa del 27/11/2020 (antecedente alla firma del contratto originario avvenuta in data 4/12/2020) e, in un caso, quella del 18/11/2020 (quest’ultima per giunta antecedente anche alla data di apertura delle offerte risalente al 19/11/2020)». Significa che il preventivo per l’allestimento delle sale operatorie era stato preparato addirittura il giorno prima della gara d’appalto.

Ma ancora più singolari - secondo la Finanza - sono i 4 milioni spesi per centrali termiche, pompe di calore e impianti elettrici. Completati in tempi da record del mondo. «Dalla documentazione acquisita risulta ufficialmente che le predette lavorazioni supplementari commissionate il 12/01/2021, alla data del 15/01/2021 erano già state eseguite e completate». Mica male, considerando che valgono il 50% dell’intero appalto iniziale, aggiudicato a 8,9 milioni e lievitato a oltre 20. Domenico Barozzi, procuratore dell’impresa omonima, 32 anni, è indagato per turbata libertà del procedimento (il bando sartoriale) e falso. È stato perquisito insieme al padre Vito (non indagato)

LA CENA A SAVELLETRI
Torniamo agli amici imprenditori. Il 17 agosto 2021 i finanzieri pedinano Lerario fino a un ristorante di Savelletri dove il dirigente aveva organizzato una cena per 14 persone. Tra i partecipanti (tutti con famiglia) c’erano il direttore del dipartimento Cultura della Regione, Aldo Patruno (estraneo all’indagine), e l’ingegner Mercurio. Con loro due degli appaltatori della Protezione Civile. Uno è Sigismondo Zema, titolare di una società che in due anni ha fornito (sempre a trattativa privata) un milione di euro di mobili alla Regione, e che ha ottenuto un contratto da 4mila euro al mese come direttore della fabbrica delle mascherine. L’altro è Domenico Tancredi, dipendente (e fratello del titolare) della Tancredi Restauri di Altamura. Nè l’uno né l’altro erano lì per caso: tra 2020 e 2021, la Finanza ha contato 245 telefonate tra Lerario e Zema e diverse altre tra Lerario, Mercurio e Tancredi. Entrambi gli imprenditori sono indagati per corruzione e turbativa d’asta.

IL PARCHEGGIO E LA CASA
La ditta della famiglia Tancredi (che nel frattempo ha cambiato nome: ora si chiama Neos Restauri) è componente per il 18% del raggruppamento (guidato dalla Cobar) che ha ristrutturato il teatro Kursaal di Bari: per questo ha incassato circa un milione di euro. I finanzieri hanno accertato che la Tancredi sta ristrutturando anche un rudere in via Antonio Quaranta, nel centro storico di Acquaviva delle Fonti, quattro appartamenti da trasformare in B&B. II committente dei lavori e proprietario dell’immobile si chiama Mario Lerario.

LA REPLICA DELLA COBAR - «A seguito della partecipazione alla gara, infatti, il raggruppamento d’imprese Cobar spa / Item Oxigen srl è risultato aggiudicatario dei lavori dell’ospedale offrendo un ribasso del 12% sull’importo a base d’asta, a differenza del ribasso dell’11% offerto dalla seconda partecipante alla gara, unitamente a numerose varianti migliorative al progetto preliminare stimate, sulla base dei prezzi contrattuali, dell’importo pari ad 1,2 milioni, ad esclusivo carico delle imprese del raggruppamento, senza alcun onere aggiuntivo per la Regione». L’impresa conferma che tra le varianti migliorative c’era anche - come ricostruito dalla Finanza in una informativa del 22 dicembre - «la predisposizione per allocazione di n. 2 sale operatorie ritenute essenziali all’interno di un Covid Hospital ad alta intensità di cura eppure non previste nel progetto mandato in gara».

«Su questo - prosegue la nota - si precisa che il progetto preliminare redatto dal Servizio della protezione civile, e, di conseguenza, anche il progetto esecutivo redatto dalle imprese non prevedevano assolutamente la realizzazione delle sale operato- rie, se non una semplice delimitazione degli spazi in cui le stesse avrebbero potuto essere allocate. Successivamente, durante l’esecuzione dei lavori, nell’assoluto rispetto di quanto previsto e con- sentito dall’art. 106 del d.lgs 18 aprile 2016 n. 50, la stazione appaltante ha predisposto alcune modifiche, aggiuntive al contratto originario, fra le quali le sale operatorie non previste nel medesimo contratto, nei limiti d’importo di cui al comma 7 del predetto articolo 106». Infine, la Finanza ha rilevato la presenza di un ulteriore ordine di servizio da 4 milioni, i cui lavori - affidati dalla Regione «il 12/01/2021, alla data del 15/01/2021 erano già state esegui- te e completate». La Cobar la spiega così: «Il raggruppamento d’imprese, nel rispetto degli impegni assunti con il contratto d’appalto originario, ha accettato ed eseguito le opere aggiuntive richieste durante il corso dei lavori, con gli ordini di servizio verbali emersi durante riunioni formali e plenarie nel mese di dicembre, in presenza di tutte le figure autorizzate a richiederle.

Nella piena consapevolezza che le citate opere aggiuntive dovevano esse- re ultimate entro il 15 gennaio 2021 contestualmente ai lavori già appaltati, la Cobar si è assunta dunque il rischio di pro- cedere alla realizzazione delle integrazioni richieste pur in attesa che l’ordine di servizio ricevuto oralmente venisse formalizzato anche per iscritto, con i tempi consueti della burocrazia. Si trattava di scegliere tra fornire, in piena emergenza, quanto richiesto dalla Regione o, di fatto, non farlo visto che, come corretta- mente è riportato, quell’ordine per iscritto sarebbe arrivato solo più tardi, e non avrebbe consentito all’impresa di ultimare i lavori nei tempi stabiliti dalla scadenza dell’appalto. Questa prassi, perfettamente legale, è consueta in ogni lavoro di questo tipo. In tempo di piena emergenza Covid era ancora più ineludibile».

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