LOCOROTONDO (BARI) - Katana è un villaggio nel cuore del Congo, poco distante dal grande lago Kivu. Fame, povertà, malattie: qui non si tratta di stereotipi, ma è la reale condizione di larga parte della popolazione. Chi soffre di più sono sempre i bambini, e tra di loro, ancora più reietti, gli orfani. Un lungo ponte unisce Locorotondo a Katana da undici anni. Su questa tolda viaggia la solidarietà, in un mare spesso tempestoso, ma a condurre la nave in porto ci sono capitani coraggiosi che non si sono arresi nemmeno in tempo di pandemia.
A guidare la ciurma è la chef locorotondese Antonella Scatigna, proprietaria tuttofare di un premiato ristorante nel centro storico. Tra piatti tipici e ospiti famosi (Ronn Moss, il Ridge Forrester di «Beautiful», è un cliente ormai abituale), Antonella ha deciso che la sua vita non poteva concludersi lì, senza restituire al mondo quello che la buona sorte – e tanto lavoro – le hanno donato.
Ha fondato così il progetto «Mani unite per il Congo» che ha cambiato la vita a un intero villaggio. Antonella, grazie ai pranzi di solidarietà da lei organizzati, ha raccolto i fondi necessari per costruire una scuola e un refettorio all’interno dell’orfanotrofio. «Partii da sola – racconta – e fui ospitata dall’orfanotrofio Alama Ya Kitumaini che in italiano significa “Segno di speranza”. Condividere le mie giornate con i bambini dell’orfanotrofio ha completamente cambiato le mie priorità. Veder soffrire piccoli innocenti per cause per noi impensabili, come la mancanza di cibo o di medicine, è un’esperienza che non si dimentica facilmente».
Da pochi giorni si è concluso l’ennesimo viaggio nella repubblica congolese. Quest’anno Antonella è riuscita ad allestire un piccolo parco giochi per i bambini di Katana, all’interno dell’orfanotrofio. Ha poi dotato la struttura di pannelli solari in modo da illuminare ogni stanza e far funzionare almeno un frigorifero: «Per noi italiani può sembrare poco – afferma soddisfatta - ma lì è un grande traguardo». Il progetto non si ferma qui: Antonella intende contribuire alla costruzione di un ambulatorio: «Abbiamo già raccolto la metà dei fondi necessari».
Non è stato semplice organizzare il viaggio: «La paura del Covid, il timore di restare bloccata in Congo, la situazione politica nel Paese dopo l’attentato all’ambasciatore italiano: tutti elementi che non mi hanno lasciata inizialmente tranquilla. Piano piano però – racconta - queste brutte sensazioni sono svanite». In Congo il Covid non sembra destare particolare allarme. «Il virus c’è – spiega - ma hanno altri grandi problemi di cui occuparsi. La popolazione è molto giovane e ormai largamente immunizzata. I congolesi convivono con il Covid come fanno con la malaria. Ho tenuto in braccia un bambino che aveva oltre 41 di febbre e quasi delirava. Pensavamo avesse il Covid, invece era malaria».
Il sogno adesso è di garantire la salute dei più piccoli attraverso la costruzione di una piccola clinica. «Abbiamo raggiunto la metà della cifra occorrente. Purtroppo siamo stati fermi con l’approvvigionamento delle materie prime perché il Burundi e il Rwanda hanno bloccato i trasporti a causa dell’emergenza sanitaria».
Non si fermerà, Antonella, tenace com’è. I bambini di Katana possono ora divertirsi nel loro piccolo parco giochi. Qui vengono a giocare anche i bambini delle città vicine, i più «privilegiati», meno poveri diremmo, che possono permettersi di pagare un piccolo obolo per l’ingresso. Tutto fieno in cascina per portare avanti il progetto. Alama Ya Kitumaini, quel «segno di speranza» è ormai realtà.