Bari - Le antenne si sono alzate a Bari e nei 22 comuni dell’arcidiocesi. Saranno 126 «sentinelle», tante quante sono le parrocchie, pronte a strappare dalle grinfie della criminalità chi si trova in condizione di disagio. Ed è tentato di prendere pericolose scorciatoie.
L’allarme lo ha lanciato la Caritas diocesana in una lettera indirizzata dal direttore, don Vito Piccinonna, a tutti i parroci e vicari parrocchiali.
Perché il lockdown è finito, ma non la disperazione dei più deboli, dei quali la crisi causata dal virus ha aggravato le condizioni di precarietà.
L’infaticabile don Vito, nell’invitare i sacerdoti a tenere gli occhi bene aperti, usa un termine da carabiniere, o da poliziotto, che contribuisce a far percepire la concretezza del rischio. «Attenzionare - scrive - a quelle situazioni particolari che potrebbero scivolare in persone e luoghi sbagliati». L’allerta poggia su solide basi: «Da più parti - spiega il direttore della Caritas - e diversi esperti ci stanno mettendo in guardia dal rischio di infiltrazioni mafiose nei territori. La mancanza di denaro è il vuoto su cui lavora la mafia, che punterà a consolidare il suo consenso attraverso forme di assistenzialismo anche con l’elargizione di prestiti. Non a caso la Fondazione Antiusura registra un notevole aumento di usurai che, quasi presi- diando i nostri territori, si presentano come “benefattori” di tante famiglie e piccole e medie imprese che fanno fatica ad andare avanti. Sarebbe forse il caso di pensare - sollecita - a momenti di sensibilizzazione all’interno delle nostre comunità durante i quali invitare i cittadini a ricorrere a forme di credito lecite e legali in caso di difficoltà economiche».
La mafia si insinua e fa proseliti laddove i bisogni non trovano risposte nelle istituzioni. E proprio questo teme don Vito Piccinonna. «L’allarme - puntualizza - nasce soprattutto dall'ascolto delle persone più provate dall'epidemia, che già da prima vivevano come “equilibristi”». E chiede: «Come faranno a poter mettere un piatto caldo sulla tavola della propria famiglia, o come continueranno a mandare avanti la propria bottega, tra utenze, mutui e magari già qualche debito da pagare? A chi può chiedere aiuto questa gente? Le misure di sostegno previste dalle istituzioni saranno da subito disponibili, snellendo le burocrazie varie, in modo da arrivare prima che arrivino altri con le loro proposte?». Fino a quando questi interrogativi non saranno sciolti, la criminalità resterà in agguato.
La Caritas e i suoi centri parrocchiali, grandi protagonisti nel periodo dell’emergenza più dura hanno anche oggi compiti altrettanto importanti da assolvere.
Don Vito Piccinonna, nella lettera inviata prima della pausa estiva, invita a non disperdere il patrimonio di entusiasmo e di umanità accumulato in quella fase, che ha attratto molti nuovi volontari.
«Assieme alle giuste preoccupazioni che come pastori condividiamo relativamente alla dimensione liturgica e catechistica - premette rivolgendosi ai confratelli - spero non venga meno l’attenzione caritativa che ci ha visti impegnati anche nel tempo dell’emergenza e che sicuramente ci chiederà di riposizionarci in maniera nuova anche dal prossimo autunno».
Poi, in quattro punti, di cui il secondo è l’allerta contro le mafie, delinea spunti di riflessione e di azione che spera siano condivisi. Il primo tema riguarda i centri di ascolto. «Sempre più siano non (solo) luoghi di distribuzione di alimenti ma spazi e luoghi in cui la gente che ne ha bisogno, in maniera dignitosa, possa essere accolta e ascoltata. Chiedo la cortesia che nei centri di ascolto possiate inserire nuove persone, anche più giovani, magari qualche professionista che, in maniera gratuita, sappia sostenere anche problemi specifici. Laddove possibile, inoltre, vi invito a coinvolgere sempre di più i servizi sociali del territorio perché solo un approccio sinergico e coordinato può contribuire a rispondere in maniera efficace ai bisogni».
Il terzo punto parte dalla considerazione che nel periodo del lockdown «si è registrata complessivamente in quasi tutti i comuni della nostra Arcidiocesi una buona collaborazione tra Istituzioni-Comunità parrocchiali-associazioni, privato sociale e società civile». Il direttore della Caritas invita perciò «a non disperdere tale occasione, a capitalizzare quanto di buono fatto finora e a programmare azioni che rafforzano la sussidiarietà circolare».
Infine, il tema dei nuovi volontari. «Offriamo la possibilità a queste persone di non rimanere ai margini della vita comunitaria ma, anzi, di conoscerla e magari di poter vivere una esperienza più ampia». Ritiene la formazione che la Caritas diocesana offrirà nel nuovo anno pastorale «un valido contributo alla crescita dei nuovi volontari ma anche un riposizionamento di quanti lo fanno da sempre». «Sulla formazione non possiamo permetterci sconti! “Fare bene il bene” - ricorda don Vito - è il motto che deve accompagnare ciascun volontario».