BARI - «E' un amore evidentemente malato, secondo un cliché tristemente noto nei casi di femminicidio, e in quanto tale, al segnale di un probabile abbandono, letto con gli occhi e la mente appannati dalla cocaina e dall’alcool, la cui assunzione evidentemente accompagna l’esistenza dei protagonisti della vicenda, perché incolmabile è il loro vuoto interiore, Marco Basile reagisce nell’unico modo che sembra mettere fine al dolore che prova, l’eliminazione fisica della fonte di tale dolore, perché l’annullamento è senz'altro preferibile alla perdita».
E’ uno stralcio delle motivazioni della sentenza con la quale nel novembre scorso la Corte di Assise di Bari ha condannato il 33enne Marco Basile alla pena di 22 anni di reclusione per l’omicidio volontario e l’occultamento del cadavere dell’ex compagna, la 48enne Donata De Bello, il cui corpo senza vita fu trovato il 13 luglio 2017 nella casa al quartiere Madonnella di Bari dove la coppia aveva convissuto. Il corpo, che presentava ferite di arma da taglio, fu trovato chiuso in un armadio nella camera da letto, avvolto in un cellophane e poi in un tappeto e legato con delle corde.