BARI - L’esperienza degli ultimi quattro anni è senza dubbio preziosa: il cinema sotto le stelle ben si concilia con la fame di cultura e di socialità da consumare all’aperto. E l'Armata Brancaleone - lavoratori impegnati nei campi della rigenerazione urbana, della ricerca culturale e artistica, dell’attivismo sociale, del cinema e dell’architettura, precari ed entusiasti - non si sottrae alla sfida. Anche questa estate le proiezioni faranno rivivere l’ex Moderno nel cuore del quartiere Libertà.
Anticipa Silvia Sivo, ingegnere edile e una delle anime dell’associazione: «Stiamo pensando a una programmazione orientata alle opere meno conosciute o da riscoprire, e ai generi che non trovano abbastanza spazio nel circuito mainstream delle sale.
Stiamo anche lavorando per lanciare nuove idee, come lo sviluppo di una parallela rassegna online e l’avvio di una riflessione aperta sulla trasformazione dell'uso e del ruolo dello spazio pubblico. Infine, come durante il lockdown la cultura (vedere un film, leggere un libro) ha rappresentato un’àncora a cui tutti ci siamo aggrappati, così nella Fase 2 la cultura dovrà avere centralità per ripensare le relazioni umane, e fare in modo che qualcosa cambi in meglio».
All'Armata Brancaleone coraggio e voglia di fare non mancano. In questi giorni la città si interroga su come sarà il futuro prossimo. Mara Chiarelli, titolare di un caffè-bistrot letterario in via Cairoli, ha chiesto al Comune di rendere pedonale l’isolato su cui si trovano il suo e altri locali. La proposta ha già incassato il sostegno dell’associazione Murattiano che rilancia: più aree senza traffico in tutta la città. Non soltanto per aiutare gli imprenditori della ristorazione a sanare le ferite causate dal blocco Covid19 con i tavolini e le sedie all’esterno di bar, ristoranti, pizzerie e pub, ma soprattutto per rendere Bari a misura d’uomo.
Nel solco di queste molteplici esigenze ben si inserisce la storia dell’ex Arena, che per quarant’anni è stata abbandonata ma che, grazie alla tenacia dell’Armata, è diventata un luogo di comunità, un cortile dove la cultura è più accessibile per chi la fa e per chi ne fruisce, e dove si possono stringere legami fra le persone seppur con le mascherine, ma senza il filtro dei social. Le sedie di colori e forme diverse, un centinaio in tutto, donate dagli spettatori, insieme al proiettore torneranno ad arredare quei mille metriquadrati che fino a qualche anno fa ospitavano automobili in sosta, ma che ormai sono il simbolo di un quartiere che vuole combattere degrado e indifferenza, riscoprire le origini e valorizzare il senso di appartenenza al territorio.
Quel pezzo di città stretto fra i palazzoni di otto piani da una parte, il PalaMartino dall'altra, un terreno incolto da un lato e via Napoli dal lato opposto si candida a diventare terreno di scambio e di arricchimento. L’ExpostModerno si serve del linguaggio della settima arte per mettere le fondamenta di un progetto sociale in continua trasformazione. L’Arena vuole essere un ambiente interdisciplinare di relazione tra operatori, autori e pubblico, un cortile culturale urbano che sa guardare oltre i confini del Libertà e di Bari. Il progetto di rinascita quest’anno si inserisce nel percorso delle Reti civiche urbane, una misura finanziata dal Comune con un approccio innovativo: sono i cittadini che stilano un calendario di iniziative con l’obiettivo di sanare la frammentarietà esistente all’interno dei quartieri e di attivare azioni comunitarie.
Conclude Silvia Sivo: «L'emergenza da coronavirus e gli effetti che sta provocando nella vita urbana fanno emergere con ancora più chiarezza la necessità di difendere il diritto alla città e di riconquistare nuove modalità per fare comunità. Da un lato il distanziamento fisico non può andare a discapito della vicinanza sociale, che serve alla tenuta soprattutto di quei rioni già penalizzati in termini di servizi pubblici e di prossimità; dall'altro bisogna evitare che la privatizzazione dello spazio pubblico, fondamentale ora per contribuire alla sopravvivenza delle attività commerciali, prenda strade senza ritorno. In questo senso le esperienze di liberazione e di condivisione degli spazi urbani svolgeranno un ruolo fondamentale nel tenere insieme una risposta reattiva a questa situazione inedita, ma a proseguire percorsi di democrazia e riconoscimento dei beni comuni emergenti già avviati».