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Bari, fase 2 con il cinema all’aperto: così al Libertà si riscopre la socialità

 
Antonella Fanizzi

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Antonella Fanizzi

Bari, cinema all’aperto. Così il quartiere riscopre la socialità

Arena del quartiere Libertà

Prosegue il dibattito sull’utilizzo degli spazi pubblici. Nell’Arena del quartiere Libertà si progetta il cartellone per l’estate

Sabato 09 Maggio 2020, 10:46

BARI - L’esperienza degli ultimi quattro anni è senza dubbio preziosa: il cinema sotto le stelle ben si concilia con la fame di cultura e di socialità da consumare all’aperto. E l'Armata Brancaleone - lavoratori impegnati nei campi della rigenerazione urbana, della ricerca culturale e artistica, dell’attivismo sociale, del cinema e dell’architettura, precari ed entusiasti - non si sottrae alla sfida. Anche questa estate le proiezioni faranno rivivere l’ex Moderno nel cuore del quartiere Libertà.

Anticipa Silvia Sivo, ingegnere edile e una delle anime dell’associazione: «Stiamo pensando a una programmazione orientata alle opere meno conosciute o da riscoprire, e ai generi che non trovano abbastanza spazio nel circuito mainstream delle sale.

Stiamo anche lavorando per lanciare nuove idee, come lo sviluppo di una parallela rassegna online e l’avvio di una riflessione aperta sulla trasformazione dell'uso e del ruolo dello spazio pubblico. Infine, come durante il lockdown la cultura (vedere un film, leggere un libro) ha rappresentato un’àncora a cui tutti ci siamo aggrappati, così nella Fase 2 la cultura dovrà avere centralità per ripensare le relazioni umane, e fare in modo che qualcosa cambi in meglio».

All'Armata Brancaleone coraggio e voglia di fare non mancano. In questi giorni la città si interroga su come sarà il futuro prossimo. Mara Chiarelli, titolare di un caffè-bistrot letterario in via Cairoli, ha chiesto al Comune di rendere pedonale l’isolato su cui si trovano il suo e altri locali. La proposta ha già incassato il sostegno dell’associazione Murattiano che rilancia: più aree senza traffico in tutta la città. Non soltanto per aiutare gli imprenditori della ristorazione a sanare le ferite causate dal blocco Covid19 con i tavolini e le sedie all’esterno di bar, ristoranti, pizzerie e pub, ma soprattutto per rendere Bari a misura d’uomo.

Nel solco di queste molteplici esigenze ben si inserisce la storia dell’ex Arena, che per quarant’anni è stata abbandonata ma che, grazie alla tenacia dell’Armata, è diventata un luogo di comunità, un cortile dove la cultura è più accessibile per chi la fa e per chi ne fruisce, e dove si possono stringere legami fra le persone seppur con le mascherine, ma senza il filtro dei social. Le sedie di colori e forme diverse, un centinaio in tutto, donate dagli spettatori, insieme al proiettore torneranno ad arredare quei mille metriquadrati che fino a qualche anno fa ospitavano automobili in sosta, ma che ormai sono il simbolo di un quartiere che vuole combattere degrado e indifferenza, riscoprire le origini e valorizzare il senso di appartenenza al territorio.

Quel pezzo di città stretto fra i palazzoni di otto piani da una parte, il PalaMartino dall'altra, un terreno incolto da un lato e via Napoli dal lato opposto si candida a diventare terreno di scambio e di arricchimento. L’ExpostModerno si serve del linguaggio della settima arte per mettere le fondamenta di un progetto sociale in continua trasformazione. L’Arena vuole essere un ambiente interdisciplinare di relazione tra operatori, autori e pubblico, un cortile culturale urbano che sa guardare oltre i confini del Libertà e di Bari. Il progetto di rinascita quest’anno si inserisce nel percorso delle Reti civiche urbane, una misura finanziata dal Comune con un approccio innovativo: sono i cittadini che stilano un calendario di iniziative con l’obiettivo di sanare la frammentarietà esistente all’interno dei quartieri e di attivare azioni comunitarie.

Conclude Silvia Sivo: «L'emergenza da coronavirus e gli effetti che sta provocando nella vita urbana fanno emergere con ancora più chiarezza la necessità di difendere il diritto alla città e di riconquistare nuove modalità per fare comunità. Da un lato il distanziamento fisico non può andare a discapito della vicinanza sociale, che serve alla tenuta soprattutto di quei rioni già penalizzati in termini di servizi pubblici e di prossimità; dall'altro bisogna evitare che la privatizzazione dello spazio pubblico, fondamentale ora per contribuire alla sopravvivenza delle attività commerciali, prenda strade senza ritorno. In questo senso le esperienze di liberazione e di condivisione degli spazi urbani svolgeranno un ruolo fondamentale nel tenere insieme una risposta reattiva a questa situazione inedita, ma a proseguire percorsi di democrazia e riconoscimento dei beni comuni emergenti già avviati». 

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