Il megastore H&M nel cuore di Bari potrebbe non riaprire più. Dopo 13 anni, il marchio svedese (H&M’sono le iniziali dei due fondatori, Hennes e Mauritz) dell'abbigliamento low cost si congeda da Bari e abbandona il palazzo che fu della (ex) Rinascente. La notizia è stata comunicata dall'azienda ai sindacati alla vigilia del 25 aprile dopo una verifica sugli effetti del lockdown che dura ormai da un mese e mezzo. Nell'ex Rinascente, all'angolo tra via Sparano e via Piccinni, lavorano circa 50 dipendenti per i quali si profila un drammatico futuro.
Eppure, secondo quanto sostengono le rappresentanze dei lavoratori, un simile rischio sembrava non paventarsi per il negozio barese che è attivo nel cuore dello shopping da oltre 10 anni. Tuttavia nelle vetrine compaiono alcuni manichini con richiami alla stagione premavera-estate anche se gli unici cartelli presenti anticipano la decisione di chiudere fino al 3 aprile. Nessun altro avviso "ufficiale".
Stessa sorte potrebbe accadere anche a un altro negozio che fa èarte del gruppo, ovvero Cos in via Argiro che rappresenta un po' la linea più «luxury» di H&M. Non a caso, nei giorni scorsi, la multinazionale svedese avrebbe inviato lettere ai proprietari dei locali occupati dai negozi paventando il rischio chiusura con l'evidente finalità di ottenere eventualmente una rinegoziazione del canone che in location come quelle del salotto di Bari raggiungono cifre stellari.
Un segnale molto allarmante che arriva dai grandi marchi e dalle multinazionali, quelli che negli ultimi anni hanno fatto shopping di negozi nel Murattiano prendendo il posto di una serie di insegne storiche che ormai non reggevano più la concorrenza e l'on line: Prada negli spazi della libreria Laterza, Zara nell’ex Sant’Agostino di proprietà di un immobiliarista di Milano, Ralph Lauren nei locali che sino a maggio scorso ospitavano la gioielleria di Micaela Trizio Caiati, Nike in via Argiro (al posto di una banca) e così via.
Tuttavia, se aziende con fatturati a nove cifre assumono queste decisioni, c'è da aspettarsi che accada la stessa cosa per una miriade di tante piccole attività che alla cosiddetta ripresa decideranno probabilmente di non riaprire per l'impossibilità di affrontare nuove spese, indebitandosi. Una ulteriore e preoccupante desertificazione dell'economia che provocherà molta povertà e disoccupazione.