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Terlizzi, «Noi ancora bloccati in Sud America. La Farnesina ci ignora»

 
Francesca di Tommaso

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Francesca di Tommaso

Terlizzi, «Noi ancora bloccati in Sud America. La Farnesina ci ignora»

Michele (a destra) e il suo amico Nicola , appena arrivati in Colombia, nel mese di febbraio

Gli aeroporti riaprono il 31 maggio, ma non si sa quando e se riprendono i voli per l’Italia

Martedì 21 Aprile 2020, 10:31

TERLIZZI - Bloccato in Colombia: nessun volo di rientro fino a data da destinarsi. Gli aeroporti riaprono il 31 maggio, ma non si sa quando e se riprendono i voli per l’Italia. «E la Farnesina non si sta mobilitando per un volo di rientro, nonostante ci sia la volontà e la necessità diritornare nel loro Paese per più di 50 italiani».

Michele De Chirico ha 21 anni, è di Terlizzi, giovane imprenditore e studente di economia e commercio. Ha raccontato alla Gazzetta la situazione in cui si trova in Colombia, da oltre un mese incastrato nelle maglie delle disposizioni a seguito dell’emergenza coronavirus, quelle stesse che hanno fatto inevitabilmente saltare ovunque anche la libertà di circolazione. «Sarei dovuto rientrare il 17 marzo: sto riuscendo a tirare avanti con i miei risparmi, ma fino a quando ce la potrò fare? Non abbiamo nemmeno la possibilità di stipulare una assicurazione medica». «Sono arrivato in Colombia con un amico mio coetaneo il 17 febbraio, per concederci un mese di vacanza – racconta Michele –. Siamo venuti anche perché qui da qualche mese era arrivato lo zio settantatrenne del mio amico, terlizzese come noi. Anche lui ora bloccato nel rientro». Michele non nasconde la preoccupazione, non vede luce benché non si stia fermando nella legittima richiesta di tornare nel suo Paese. «Che io sappia, sono stati organizzati voli di rientro per l’Italia da buona parte dell’America del sud: Brasile, Perù, Messico ed Ecuador. Dalla Colombia ancora niente».

Michele e il suo amico avevano prenotato il volo di ritorno il 17 marzo. «Quattro giorni prima del rientro, il 13 marzo, la compagnia aerea ci ha informati della cancellazione del volo di rientro per Roma. All’inizio non sembrava una situazione irrecuperabile, perché la compagnia di volo aveva comunque rassicurato i ragazzi. «Scrissero che non ci saremmo dovuti preoccupare in quanto ci avrebbero trovato una soluzione alternativa, cambiando il giorno oppure la tratta».
In un modo o nell’altro, insomma, Michele vedeva assicurato il rientro fino a Roma.

«Al 20 marzo, però, nessuno comunicava nulla, e quindi ci siamo messi in contatto con l’Ambasciata e con la Farnesina. Ma tuttora l’ambasciata non fornisce nessun aiuto: ripetono solo che in Colombia, come in tutto il mondo, c’è lo stato di emergenza con la chiusura di tutti gli aeroporti fino al 31 maggio. Non sono in programma voli di rientro, quindi non ci possiamo muovere in alcun modo». L’ansia intanto cresce anche a Terlizzi, a casa Di Chirico.
«Sto provando a contattare il nostro sindaco. Per ora ho il numero del governatore – racconta Michelangelo, il papà di Michele - . A tutt’oggi però, Emiliano non si è messo in contatto con Michele. Per non parlare della Farnesina: in Colombia trattano gli italiani come degli untori, mio figlio e l’amico sono stati cacciati dal primo residence che li ospitava benché avesse fatto veder loro il passaporto con data 17 febbraio. Temevano portassero contagio perché italiani».

Dall’ambasciata, intanto, una proposta era arrivata, anche se Michele non ha potuto accoglierla e spiega perché.
«In pratica ci avevano informati della possibilità di rientrare in Italia il 15 aprile con un volo straordinario attivato con partenza da Bogotà e destinazione Bruxelles – spiega Michele. - Il volo chiaramente dava priorità ai cittadini del Belgio: per tutti gli altri si procedeva al sorteggio per salire sull’aereo. Intanto - continua Michele - la cittadina dove ci troviamo dista sette ore di auto da Bogotà. Con un permesso rilasciato dall’ambasciata, ci saremmo potuti arrivare, ma il viaggio sarebbe costato 300 euro a testa. La possibilità del sorteggio per prendere il volo avveniva solo se presenti in aeroporto. E comunque, prima e a prescindere dal sorteggio, avremmo dovuto acquistare un volo che collegava Bruxelles a Roma: altri 350 euro. Abbiamo saputo che sull’aereo s’è creato posto per tre italiani, e in aeroporto se ne sono presentati nove».

Peggio della roulette russa. «Chi rimaneva a terra aveva poi obbligo di permanenza a Bogotà, in hotel oppure ostelli. E noi non potevamo permetterci di pagare il soggiorno a Bogotà. Qui stiamo evitando anche di uscire di casa, per mantenerci con i nostri risparmi, senza alcuna certezza di quando questa situazione assurda si riuscirà a sbloccare e tenendo conto dei costi elevati che sosterremo per il biglietto di ritorno. Dicono che gli aeroporti saranno riaperti dopo il 31 maggio. Sarà così? Riprenderanno anche i voli per l’Italia?».

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