BARI - Velocità superiore ai 50 chilometri all’ora consentiti per legge nelle città, nei paesi e in generale nelle zone urbanizzate. Inversioni a U nonostante la linea bianca continua che divide le corsie in base al senso di marcia. Mancata precedenza. Sorpassi azzardati. Distrazioni dovute all’utilizzo del telefonino alla guida. Così troppo spesso l’asfalto del lungomare Di Crollalanza e Nazario Sauro si tinge di rosso sangue. «È un lungomare killer», tuonano le madri degli adolescenti e dei neopatentati quando, scorrendo i titoli dei giornali e le pagine dei social, si imbattono nella notizia dell’ennesimo giovane centauro che è franato per terra, vittima di un incidente più o meno grave. «Dissuasori, bande rumorose, postazioni fisse della Polizia locale, fotored e dispositivi per rilevare la velocità» è la richiesta di chi abita e lavora a ridosso della importante arteria di scorrimento, in entrata e in uscita da Bari, che si affaccia sul mare.
Lo scorso anno i vigili urbani hanno multato 2.027 fra automobilisti e conducenti degli scooter in transito sul lungomare. Nei primi sei mesi del 2019 i verbali compilati sono stati già 1.296. Restringendo l’analisi alle violazioni dell’articolo 146 del codice della strada, le contravvenzioni per mancata precedenza e mancato rispetto della segnaletica sono state 86 nel 2018, di cui 62 sul lungomare monumentale che va dal teatro Margherita al ponte di via Di Vagno. Nei primi sei mesi del 2019 le infrazioni riscontrate sono state in totale 32.
A riaccendere i riflettori sul problema della sicurezza del lungomare, che si trascina da decenni, sono stati gli incidenti delle ultime due settimane. Quello di mercoledì scorso, all’altezza del comando regionale dei Carabinieri, ha mandato in ospedale tre feriti, di cui due in codice rosso.
«È una questione irrisolta da quando trent’anni fa sedevo in Consiglio comunale fra le file del Partito comunista», ricorda l’avvocato Gianni Di Cagno, che abita e ha lo studio professionale nel quartiere Madonnella. «All’epoca - ricorda l’ex componente del Consiglio superiore della Magistratura - già si discuteva dell’ipotesi di creare una corsia centrale sul lungomare sud destinata ai tram o agli autobus. Idea che potrebbe essere ancora attuale, una sorta di navetta per collegare i parcheggi di scambio. Restringendo a due le carreggiate, una per ogni senso di marcia, si andrebbe necessariamente a ridurre la velocità e a impedire i sorpassi».
Gianni Di Cagno è però convinto che sia arrivato il momento di ripensare la viabilità di Madonnella, e in particolare dell’Umbertino, zona in cui c’è un’alta concentrazione di locali e attività di ristorazione: «Le piazze sono diventate luogo di incontro e di passeggio. Piuttosto che sanzionare i gestori dei pub, dei bar e dei ristoranti che hanno messo i tavolini su largo Adua, sarebbe il caso di rendere pedonale anche quel tratto di strada, in maniera coerente con quanto avvenuto di fronte al Kursaal. Sarebbero sacrificati una ventina di posti auto, da recuperare altrove. Largo Giannella è invece diventato un parco divertimenti: prima la ruota panoramica, poi la torre, poi i villaggi del gusto, ora quello della birra con tavoloni in legno, gazebo e musica fino a notte inoltrata. La giunta Decaro è chiamata a fare delle scelte per trasformare nei fatti l’Umbertino nel salotto buono della città. Bari soffre una mancanza di progettualità di ampio respiro, manca un dibattito sul futuro, sui grandi progetti. Il progetto di rinascita “Costa sud” va armonizzato con l’esistente».
Ritornando all’emergenza sicurezza, l’avvocato rimarca: «In attesa delle imponenti riqualificazioni, qualcosa va fatto. Il tratto più pericoloso è quello fra il teatro Margherita e il ponte Di Vagno. Da motociclista, conosco i rischi che si corrono su alcuni incroci a raso. Si potrebbe mettere un semaforo di fronte alla sede dell’Inps, più utile rispetto a quello della Regione: i dipendenti entrano ed escono da via Dalmazia e non dal lungomare».
Anche i titolari delle attività di ristorazione invocano soluzioni. Fra coloro che sono favorevoli alla chiusura al traffico c’è Paolo Caramia, che gestisce il bar «Il Riviera». «Nelle città che vivono di turismo come Rimini - dice - il lungomare è dedicato al passeggio. Serve un atto di coraggio da parte dell’amministrazione comunale e un cambiamento di mentalità da parte dei baresi. Libero dalle auto, sul lungomare si potrebbero creare eventi per le famiglie, gli sportivi e i bambini potrebbero correre, andare in bicicletta o sui pattini senza doversi guardare le spalle. Sarebbe un luogo da vivere da mattina a sera. Il lungomare è una risorsa sottovalutata, non se ne deve discutere come di un’area potenzialmente fonte di pericolo».
Caramia lavora al bar da 13 anni. Ma rammenta l’epoca in cui su quel tratto era possibile parcheggiare. Suggerisce: «Una alternativa per rallentare il traffico potrebbe essere quella di ripristinare la sosta, questa volta a grattino e quindi a pagamento, ai margini di entrambe le carreggiate. Non nascondo che questo provvedimento per le attività di ristorazione rappresenterebbe una boccata d’ossigeno: aumenterebbe la clientela, agevolata dall’opportunità di lasciare l’auto senza difficoltà. Ovviamente bisognerebbe incrementare i controlli contro la doppia fila e gli strombazzamenti dei clacson».