BARI - Dopo che la confisca dei suoli di Punta Perotti è stata dichiarata illegittima, il Comune di Bari - all’epoca il sindaco era Michele Emiliano - avrebbe dovuto restituire i terreni e non trasformarli in un parco pubblico tutt’ora esistente. Per questo l’amministrazione dovrà pagare i danni a uno dei piccoli proprietari dell’area, che a seguito della vicenda dell’ecomostro venne colpito dal sequestro pur non avendo nemmeno partecipato alla lottizzazione. Ed è un pessimo segnale.
La sentenza emessa negli scorsi giorni (giudice Oronzo Putignano) al termine di una causa durata 13 anni è infatti importante non tanto per il valore del risarcimento (parliamo di 27.700 euro più 15.400 euro di spese legali e il costo della consulenza tecnica d’ufficio), quanto per il fatto che per lo stesso motivo - la mancata restituzione dei terreni dopo la revoca della confisca - hanno fatto causa anche le tre imprese costruttrici, da ultimo la Iema della famiglia Quistelli (con l’avvocato Francesco Biga). E sono in ballo milioni di euro.
La confisca è stata dichiarata illegittima (ed è stata risarcita) in seguito alla sentenza della Cedu, che ha rilevato come lo Stato italiano non potesse appropriarsi dei suoli in mancanza di condanna penale dei costruttori. «All’indomani di quest’ultima decisione del giudice europeo - ha scritto in sentenza il giudice Putignano - la condotta di detenzione del suolo di proprietà di (...) da parte del Comune di Bari (...) ha assunto connotazioni di evidente illiceità, stante l’assenza di un titolo giustificativo della privazione e compressione del diritto, nonché del mantenimento di quella situazione ormai acclaratamente antigiuridica». Cioè, appunto: il Comune a quel punto (siamo nel 2009) non doveva né poteva mantenere il possesso delle aree di Punta Perotti, che andavano restituite ai legittimi proprietari e non destinate a uso pubblico.
I costruttori (ora parliamo della Sud Fondi della famiglia Matarrese, recentemente finita in concordato preventivo, della Mabar della famiglia Andidero e della Iema) sono stati risarciti nel 2012 per ordine della Cedu con 49 milioni di euro, soldi che hanno coperto ciò che è avvenuto fino alla confisca illegittima. Ora sono tornati alla carica per ottenere un risarcimento di quanto avvenuto dopo: dal mancato godimento della proprietà (perché sui terreni c’è il parco) alle spese per avviare una lottizzazione in base a permessi che non avrebbero dovuto essere rilasciati in quanto l’area era (ed è) gravata da vincoli. In primo grado, nel 2014, il Tribunale (proprio con il giudice Putignano) aveva detto «no» al mezzo miliardo chiesto dalla Sud Fondi, ritenendo la sentenza Cedu «tendenzialmente conclusiva dell’intera vicenda» e bollando come «inaffidabile» la perizia con cui i Matarrese valutavano quei terreni 81 milioni. A marzo, in appello, i giudici hanno disposto una consulenza tecnica per valutare le spese effettivamente sostenute: pronta la perizia, si passerà a discutere del diritto al risarcimento.
A questo proposito la ctu ordinata nella causa del piccolo proprietario (un terreno di appena 1.400 metri quadrati) ha fissato un valore molto basso, pari a 175 euro al metro quadro. Questo perché, pur essendo i suoli edificabili, i vincoli del piano paesaggistico consentono di realizzate solo strutture mobili. I parametri di valutazione sono in effetti molto soggettivi, anche perché negli ultimi 10 anni sul mercato nessuno ha comprato o venduto un terreno a Punta Perotti: lì c’è un parco, un parco che ora - per evitare ulteriori danni - dovrà essere smantellato e restituito ai proprietari.