BARI - «Noi viviamo un tempo di false rivoluzioni, di annunci di rivoluzioni a cui non segue una rivoluzione, ma semmai una restaurazione. Questo è il tempo che ci è toccato. Stare lì a distinguere e ricollocare le cose coi nomi giusti è importante, è il nostro ruolo». Il regista e scrittore siciliano Roberto Andò, protagonista della lezione di cinema nel teatro Petruzzelli nella sesta giornata del Bif&st, parla della «politica come riflesso dell’impotenza oggi dominante» e della necessità che il cinema lo racconti.
«Uno dei grandi temi di qualunque luogo social, di qualunque schieramento o movimento politico - dice Andò - è una rivendicazione rivoluzionaria, che molto spesso però, quando avviene, è una falsa promessa».
«Interessante per un narratore - spiega - è soffermarsi sull'aspetto di un potere impotente ma che predica continuamente morte sulle parole per attivare qualcosa che non è in grado di attivare. Dietro, però, ci sono persone che soffrono e che hanno bisogni reali. L’aspetto illusorio e illusionistico della politica di oggi fa sì che questo dolore venga cinicamente messo da parte per fare altro. Oggi - dice Andò - c'è il problema di mantenere il potere per il potere».
«Il crimine in generale è lusingato dal cinema, anche quando ne dà una rappresentazione efferata». Così ha commentato il regista e scrittore siciliano. «La mafia uccide giornalisti e giudici, cineasti non ne ha mai fatti fuori» ricorda Andò, ritenendo che «tutto quello che è avvenuto in Italia attorno a certe fiction non ha fatto altro che fare piacere al crimine, perché si rispecchia in un racconto del crimine che diventa quasi attraente, seduttivo».