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Bari, stupro di gruppo nel porto, il pm:«Nessuna violenza sessuale»

 
Giovanni Longo

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Giovanni Longo

Porto Bari

Un anno fa la denuncia di una 14enne. Chiesta l'archiviazione per uno degli indagati

Lunedì 30 Luglio 2018, 10:34

BARI - Scorrendo la richiesta di archiviazione, non colpisce solo la vicenda penale in sé. Dalle carte emerge lo squallido contorno della presunta violenza sessuale ai danni di una 14enne, risalente esattamente a un anno fa. Perché oltre le ragioni per cui la Procura ritiene non ci siano elementi per esercitare l’azione penale, c’è da porsi qualche domanda di carattere sociale e psicologico sul rapporto che alcuni adolescenti hanno con il sesso. Per capire questa storia che fece molto discutere, occorre riavvolgere il nastro al 1° agosto 2017 quando la presunta vittima, 14 anni e mezzo, denunciò di avere subito una violenza sessuale di gruppo. Raccontò agli investigatori che il branco l’aveva costretta a seguirla dal molo Sant’Antonio, siamo a Bari Vecchia, sino al porto dove in cinque avrebbero poi abusato di lei: un maggiorenne che aveva compiuto 18 anni solo due giorni prima, e quattro ragazzini tra i 15 e i 17 anni (per questi ultimi procede la Procura presso il Tribunale per i Minorenni).

Ma al termine delle indagini condotte dai carabinieri, coordinati dal pm Simona Filoni, la Procura ha chiesto l’archiviazione per il maggiorenne dal momento che «non appare configurabile né in punto di fatto, né in punto in diritto, una violenza sessuale in danno della minore (…) difettando della condotta l’elemento costitutivo della minaccia e/o della violenza e/o dell'abuso di autorità». Il racconto della presunta vittima non collima con quanto emerso dalle indagini (immagini di videosorveglianza, consulenza psicologica, controlli sul Dna e sui telefoni cellulari dei protagonisti della vicenda). Anzitutto, proprio gli accertamenti tecnici sui telefonini hanno consentito di «accertare che l’incontro con la minore fosse stato programmato anticipatamente (tramite la creazione e l’utilizzo di gruppi sull’applicazione Whatsapp) e consapevolmente accettato dalla stessa». Basti dire che la chat dove gli inquirenti hanno scovato messaggi e immagini da brividi se rapportati all’età dei protagonisti di questa squallida storia, si chiamava, senza lasciare spazi alla immaginazione, «Orgiona».

Dalle indagini, è emerso che la ragazzina «si recava volontariamente presso l’area portuale di Bari e nella piena consapevolezza della finalità dell’incontro volto alla consumazione di plurimi rapporti sessuali». Sì, è vero che si tratta pur sempre di una minorenne, ma le indagini hanno dimostrato che l’adolescente «non è stata destinataria di violenza fisica e/o violenza psicologica». Le dichiarazioni in sede di ascolto protetto con una psicologa rese dalla ragazzina «appaiono lacunose e contraddittorie», scrive sempre il pm nella richiesta di archiviazione, specie se raffrontate con le immagini di videosorveglianza del 1° agosto scorso. Dal video emerge che lei «si portava all’ingresso dell’area portuale di Bari accompagnata da soggetti minori degli anni diciotto, non manifestando in alcun modo reticenza, timore e/o qualsivoglia forma di costrizione fisica e psichica». Dopo i rapporti sessuali, la ragazzina si allontana in compagnia di chi a suo dire avrebbe abusato di lei poco prima. «Guadagna l’uscita con una incontrovertibile serenità che le consente di dedicarsi a gesti semplici e spontanei quali sistemare la propria acconciatura a coda di cavallo e controllare il telefono cellulare». Se «avesse subito una brutale violenza (…) avrebbe preliminarmente mostrato sconvolgimento psichico e fisico, ma soprattutto avrebbe prontamente allertato le forze dell’ordine» che erano lì, in servizio all’ingresso del porto.

La discrasia tra quanto denunciato e quanto è stato costruito dalle indagini, genera una «incertezza» che non consente di formulare accuse. L’indagato, «attesa la condotta della ragazza, non ha potuto comprendere il momento in cui è sorto nell’animo della giovane l’eventuale dissenso al compimento degli atti sessuali, mai comunque manifestato verbalmente». Dai dati estratti dai cellulari emerge come la ragazzina «fosse consapevole e propensa all'incontro poi avvenuto». Di qui la «natura dissimulata» della denuncia della ragazza che «presumibilmente non era in grado di fornire adeguate giustificazioni al nucleo familiare in merito alle incessanti telefonate senza risposta».
Cosa diversa è la diffusione della fotografia «autoriprodotta dalla minore e inviata a uno dei coindagati minorenni e alle successive condotte di condivisione» che non riguardano il maggiorenne e che sono oggetto di indagine da parte della Procura presso il Tribunale per i minorenni.

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