Dopo «resilienza», la seconda parola più gettonata dai politici italiani, in questi giorni, è «certi», la terza «del senso», quarta «di responsabilità», quinta e ultima «degli italiani». Ora cosa voglia dire «resilienza» non lo sa nessuno. Come probabilmente pochi - soprattutto pochi politici - conoscono il livello del senso di responsabilità degli italiani soprattutto in piena primavera e dopo mesi di più o meno duro lockdown. Un livello indecente, da quanto visto ieri e l’altro ieri.
Bar, ristoranti, cinema, spiagge stanno faticosamente rialzando le saracinesche e già si appalesa l’incubo degli epidemiologi: la coda. È accaduto a Milano all’alba davanti ad una sala cinematografica.
Accade (accadeva anche prima) davanti ai locali di qualsiasi città italiana dalla Val d’Aosta alla Sicilia. La politica, quella «certa del senso di responsabilità degli italiani», imbarazzata, la butta in caciara e litiga sui massimi sistemi: meglio tornare a casa alle 22 con una tolleranza di dieci minuti, o alle 23?
Tant’è. Mentre il dibattito si apre - e nessuno riesce a chiuderlo - silenzio sull’unica vera attività che dovrebbe essere svolta come Dio comanda e nella massima sicurezza: la scuola.
Dal tracciamento ai trasporti è cambiato ben poco dall’inizio dell’anno. Il problema di fondo rimane ed è più grave in quelle regioni dove la confusione vince sempre sulla chiarezza. Una? La Puglia. Qui almeno il 70% degli studenti delle scuole secondarie di secondo grado da ieri poteva tornare a seguire le lezioni in presenza, con il passaggio in zona arancione, ma l’impressione - stando alle richieste di didattica a distanza pervenute agli istituti scolastici dalle famiglie - è che di alunni nelle classi ce ne siano davvero pochi.
A Bari licei e istituti tecnici si sono organizzati per la riapertura dopo le sei settimane di chiusura per la zona rossa e comunque con la possibilità per le famiglie, come avviene da ottobre 2020, di scegliere la Dad. Al liceo scientifico Scacchi la dirigente Chiara Conte ha comunicato la presenza solo di 46 studenti su 1.540, meno del 3%. Stesso panorama all’istituto Euclide-Caracciolo, al liceo scientifico Fermi (una decina di ragazzi sugli oltre 1.600 iscritti), al Convitto Cirillo, all’istituto Giulio Cesare, all’istituto De Lilla, al Majorana eccetera.
«Si continua a non voler affrontare il problema in maniera concreta: l'unica soluzione è lo scaglionamento degli orari», scrive il presidente di Asstra Puglia e Basilicata, l’associazione delle imprese private di trasporto, Matteo Colamussi, in merito al trasporto scolastico, con i mezzi che non possono superare il 50% di riempimento.
Il governatore Michele Emiliano del resto sa che i miracoli non si possono fare (a livello locale e nazionale, ma già quando più di un anno fa il virus è apparso e si è trovato davanti un nemico che giocava con i banchi a rotelle) ed è per questo, con i contagi ancora alti, che ha deciso di passare la patata bollente alle famiglie: decidete voi tra presenza e Dad (didattica a distanza).
Qui hanno tutti ragione. L’epidemia molla la presa appena appena e fa ancora paura. Ma ha ragione anche chi chiede allo Stato di fare lo Stato. E la decisione sulla riapertura delle scuole non può spettare alla Regione, né tantomeno alle famiglie. Riguarda le competenze statali e lo Stato - prendendosi le proprie responsabilità - ha deciso per il via libera. Magari, organizzandosi prima e meglio...